Metti una sera tornando da teatro:
le strane sorprese della vita
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Come reagireste se una sera, tornando da una piacevole serata a teatro o al cinema, aprendo la soglia di casa la trovaste completamente vuota? Niente più divano e tv dove rilassarsi, niente più libreria con i volumi accumulati in anni, alcuni ancora da leggere, niente più fornelli, pensili, pentole e stoviglie in quella che era la vostra cucina, niente più letto dove dormire, niente più armadio, con quel maglione che avevate appena acquistato e non avete nemmeno avuto il tempo di indossare, niente più spazzolino o dentifricio per lavarvi i denti la mattina. Vi trovereste sconvolti e persi pensando a ciò che avete perso? Oppure, dopo lo sgomento iniziale, ripartireste da capo cogliendo al volo la sfida lanciata dai ladri e dal destino?
È quello che succede ai Mr e Mrs Ransome, due coniugi di mezza età, ‘very british’, così convenzionali e abitudinari che di più veramente non si potrebbe: tornando da un concerto di Mozart trovano la casa completamente vuota. “Ci hanno rapinati”, esclama Mrs Ransome, scoprendo l’appartamento vuoto. “Svaligiati”, la corregge il marito, l’avvocato Ransome: “Si rapinano le banche. Le case si svaligiano”. Da questo colpo di scena iniziale prende il via una vicenda surreale su come ognuno di noi affronta in un modo che è tutto e solo suo i piccoli grandi cambiamenti che la vita ci costringe ad affrontare.
“La vita è tutta nel cambiamento, nel movimento imprevisto, in quella vertigine che ti dà il vuoto”. Così la regista Serena Schincaglia riassume il significato di ‘Nudi e crudi’, il racconto di Alan Bennet che lei ed Edoardo Erba hanno portato a teatro, l’unico adattamento con l’imprimatur ufficiale dell’autore. Da oggi a domenica ‘Nudi e crudi’ è sul palco del Teatro Comunale Claudio Abbado di Ferrara. Protagonisti due attori molto conosciuti e amati dal pubblico, non solo teatrale, Maria amelia Monti e Paolo Calabresi, affiancati dal giovane Nicola Sorrenti.
Alla vigilia del debutto ferrarese, abbiamo intervistato Maria Amelia Monti.
Ci spiega il titolo: ‘Nudi e crudi’?
L’adattamento di Edoardo Erba ha mantenuto il titolo italiano del romanzo di Alan Bennet da cui è tratto. Il signore e la signora Ransome sono una coppia che magari ha 45-50 anni, ma è come se fossero novantenni da quando avevano 20 anni: la tipica coppia della borghesia inglese, noiosa, pedante, abitudinaria, moralista. Una sera tornando da un concerto di Mozart trovano la casa completamente ripulita, non ci sono più nemmeno moquette, lampadari, interruttori della luce. Partendo da questa mancanza di oggetti, che per i due personaggi sono anche punti di riferimento, Bennet descrive e narra come reagisce la donna e come reagisce l’uomo, rimanendo a dire la verità sempre un po’ dalla parte della donna.
Quindi una reazione diversa a questo svuotamento, che non è solo materiale?
Sì. La donna, dopo una prima reazione di sgomento, utilizza questa situazione come un’opportunità per rinascere, partendo anche da piccole situazioni quotidiane: va al pub a farsi una birretta, si diverte a comprare mobili da campeggio, vorrebbe risvegliare la sua vita coniugale, gira per musei come se fosse una turista. Lei vive questa mancanza di cose come una libertà, meglio una liberazione. L’uomo, invece, non ce la fa proprio, è molto più metodico, comincia subito a pensare a come farsi dare i soldi dall’assicurazione, tenta di ritrovare ciò che è stato rubato: il suo è il tentativo di ricostruire quello che c’era prima. Il problema è che così non è più sintonizzato con la moglie, che è andata avanti, è cresciuta e ha scoperto cose nuove, lui invece è rimasto come vincolato alla situazione di prima: per questo non si trovano più. La signora Ransome però spera fino all’ultimo di riuscire a rivitalizzare il rapporto, anche se i suoi tentativi non andranno a buon fine: è come se Bennet ci volesse dire che le donne sono più abituate e reagiscono meglio ai cambiamenti e alle trasformazioni della vita rispetto agli uomini.
Ecco spiegato perché ‘nudi’, per quanto riguarda ‘crudi’ invece?
Credo si riferisca a loro come coppia, perché il testo tratta anche del rinnovare e dell’avere il coraggio di far ripartire un rapporto di coppia, di parlarsi, rinnovarsi e crescere insieme.
Quali punti di contatto ha con il personaggio della signora Ransome?
Con tutti i personaggi che interpreto tento di trovare punti di contatto perché abbiamo dentro tanti aspetti, tante sfaccettature della personalità e quando si recita è come andare nel solaio per cercare quello che serve per vestire e dar vita a quel dato personaggio. La signora Ransome è la tipica signora inglese, però grazie alla scrittura di Bennet, si possono aggiungere altre sfumature. A me è molto simpatica perché fa tutto con il senso del dovere della brava moglie, ma possiede anche un’ingenuità e una schiettezza di fondo che riescono a stupire.
Com’è lavorare con Paolo Calabresi? So che non è la prima volta che recitate insieme
Io e Paolo ci siamo conosciuti girando ‘Distretto di polizia’: io facevo la poliziotta milanese e lui il romano. Ci siamo subito trovati insieme perché, nonostante forse molti ci conoscano di più per i ruoli in tv, entrambi abbiamo una lunga esperienza in teatro. Io faccio teatro da quando avevo 19 anni e lui ha iniziato a lavorare con Strheler al Piccolo. Abbiamo una ‘educazione teatrale’ comune e nello stesso tempo la spregiudicatezza che ti dà lavorare anche per il piccolo e il grande schermo. C’è molto rispetto e molta fiducia, lavoriamo insieme sulle battute e sul modo di creare situazioni che facciano ridere.
Ci parli di Nicola Sorrenti, l’altro componente del trio in scena…
Nel racconto di Bennet ci sono tanti altri personaggi minori che interagiscono con i coniugi Ransome: Serena Sinigaglia ed Edoardo Erba, la regista e lo sceneggiatore, hanno deciso di farli fare a un solo attore e di farlo diventare anche una sorta di narratore. In questo modo è come se ci fosse un gioco di teatro nel teatro oppure come se il pubblico assistesse a una sorta di esperimento che ha come cavie i signori Ransome. Nicola non cambia personaggio di volta in volta, ma li cita, li narra, è come se fosse una sorta di spiritello diabolico che mette alla prova e si burla dei coniugi.
Il racconto e i personaggi di questo spettacolo sono molto ‘british’, come del resto è inglese l’autore. Lo spettacolo ha ormai iniziato il suo secondo anno di tournée (ha debuttato a Roma nel gennaio 2016, ndr): come reagisce il pubblico italiano a tipiche situazioni dello humor inglese?
Il pubblico italiano reagisce benissimo e la cosa entusiasmante è che i più divertiti sono i giovani. Bennet è un autore di più ottant’anni che riesce a scrivere in sintonia con i giovani: io ho tre figli e Calabresi ne ha quattro, perciò abbiamo avuto modo di testare il suo successo sui ragazzi. È un fatto abbastanza strabiliante perché in realtà questo spettacolo parla di due signori di mezza età. La scrittura di Bennet e le situazioni da lui create sono surreali e al tempo stesso molto plausibili, perciò potrebbero accadere realmente e i ragazzi sono molto sensibili a questo tipo di humour.
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Federica Pezzoli
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