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Non si spegne la polemica suscitata dalla sentenza del Tribunale di Torino sul diritto degli studenti di portarsi il pranzo da casa. Ecco una soluzione alternativa proposta da un gruppo di genitori di Fondoreno.

Gli italiani, popolo di santi, poeti e giudici. Chi non si sente, infatti, nel pieno titolo di commentare, criticare, avvallare quella tal sentenza che tanto fa discutere? Questo senza aver letto minimamente il testo della stessa. Bastano due titoli sensazionalistici, che della sentenza riprendono tuttalpiù la massima principale, per dar vita a discussioni che dal nocciolo della verità si allontanano sempre più. Recente esempio di questa pratica nazionale è la sentenza 1049 del giugno 2016, emanata dal Tribunale di Torino ad accoglimento del ricorso presentato da un folto gruppo di genitori che chiedevano il diritto, per i propri figli, di poter consumare il proprio pasto casalingo in un clima di condivisione con i propri compagni e negli stessi spazi adibiti a mensa. In definitiva, quella che per i più è la ‘sentenza del panino’ non afferma altro se non che la mensa scolastica è un prezioso servizio pubblico, facoltativo e non obbligatorio, a cui un genitore, per i motivi più disparati, che vanno dalle precarie condizioni economiche a personali convinzioni gastronomiche, ha diritto di rinunciare.

Tale diritto di rinuncia però non deve comportare alcuna discriminazione per il bambino che si porta il pranzo da casa: non deve essere tenuto in una classe a parte e consumare il pasto in solitudine (come spesso accade), né i genitori sono tenuti ad andarlo a riprendere all’ora dei pasti per poi riportarlo a scuola per le lezioni pomeridiane. Quest’ultima soluzione poi non è assolutamente praticabile. Dice infatti il Tribunale di Torino: “Essendo, invece, obbligatoria la presenza a scuola durante la pausa pranzo, in assenza del diritto di scelta vantato dagli appellanti essa si porrebbe in contrasto con la natura di servizio non obbligatorio a domanda individuale della refezione scolastica dovendosi escludere l’alternativa costituita dal digiuno. Ciò si risolverebbe nella violazione dei generali principi di libertà individuale e di eguaglianza di tutti gli studenti in connessione con il diritto allo studio, da ritenersi lesi da parte di un sistema che impone, quale unica soluzione, di allontanarsi dalla scuola per sottrarsi ad un servizio pubblico non obbligatorio”. Sancisce quindi il Tribunale che: “Vi sarebbe, quindi, la mancata protezione del diritto al lavoro dei genitori nonché violazione dell’art. 35 della Costituzione, del principio di eguaglianza di cui all’art. 3 e di gratuità dell’istruzione inferiore di cui all’art. 34 per effetto dell’imposizione della mensa comunale e del relativo costo, cioè di un servizio che dovrebbe essere facoltativo”. Il “tempo mensa” quindi, rientra nell’esercizio di un diritto soggettivo perfetto: rimanere a scuola anche durante la consumazione dei pasti è dunque un diritto, ma il dover usufruire della refezione scolastica non può diventare un obbligo.

In definitiva si è partiti dalla constatazione che il diritto di scelta non può diventare motivo di discrimine. Applicato ad altri ambiti sarebbe stata una verità sacrosanta, applicato alla mensa, seguita dall’aggettivo “pubblica”, ha provocato un marea di critiche. Perché se è vero che il primo detrattore dello Stato italiano è il cittadino italiano, toccare il servizio pubblico mina ancora le certezze di tantissimi concittadini. Da una recente ricerca di Cittadinanzattiva sul “caro mensa”, a livello regionale svetta l’Emilia-Romagna, con una spesa media di oltre mille euro l’anno, a cui fa da contraltare la Calabria, con circa 500. Fra i capoluoghi di provincia Livorno e Ferrara occupano il primo posto delle città più care, con 128 euro di retta media mensile. Ed è proprio da Ferrara che nasce l’esempio virtuoso del “Comitato gestione mensa scuola elementare di Fondoreno”, organizzazione no profit, che organizza e gestisce la mensa scolastica della scuola elementare statale “F.De Pisis”.

Unica realtà di mensa autogestita nella provincia di Ferrara, il Comitato è formato, per statuto, da un rappresentante per ogni classe, un rappresentante dell’Istituzione Scuola e da un rappresentante del Comune di Ferrara (attualmente l’Assessora Annalisa Felletti). In collaborazione con l’amministrazione comunale e il provveditorato agli studi, il Comitato di Fondoreno, con una retta unica di 95 euro, grazie all’instancabile lavoro dei genitori volontari, fornisce 95 pasti giornalieri, compresa la merenda, per gli alunni della scuola elementare, preparati da una cuoca e un aiuto cuoco regolarmente assunti. Non solo: grazie a una costante opera di autofinanziamento (mercatini di solidarietà e laboratori) il Comitato riesce anche a sostenere, grazie alle donazioni, importanti investimenti per la scuola, come l’acquisto di materiale didattico e attrezzatura scolastica. Maurizio Rossetti, uno degli storici fondatori ne parla con visibile orgoglio: “Nel 1977 la scuola di Fondoreno era costituita da sole tre pluriclassi, a cui venne aggiunta una sezione di scuola materna con mensa interna. Nel tempo la scuola materna venne accorpata a quella che, nel frattempo, era sorta a Cassana. A Fondoreno si erano costituite tutte le 5 classi elementari e, visto che era stato approvato, in via sperimentale per due anni, il modulo del “tempo pieno”, noi genitori chiedemmo all’amministrazione comunale di poter usufruire del servizio mensa. Si è trattato di un passaggio graduale che ha portato, a metà degli anni Ottanta, alla costituzione di un vero e proprio comitato di genitori, dotato di statuto.

“Negli anni 2000 il Comitato è diventato invece un soggetto fiscale a tutti gli effetti, dotato di un proprio statuto costitutivo e partita Iva”, gli fa eco Alessandro Pellegrini, presidente del Comitato: “La vera forza del Comitato sta nell’opera dei volontari. Dal disbrigo delle pratiche burocratiche ai contatti con i fornitori, tutto è curato da noi volontari che crediamo fortemente in questo progetto. Puntiamo alla qualità dei prodotti, privilegiando quelli a km 0 e biologici, e al contenimento degli sprechi. Sicuramente, in questo, siamo avvantaggiati dal fatto che, gestendo una realtà piccola, possiamo curare al massimo i rapporti umani e dare spazio alle esigenze di tutti. L’amministrazione comunale ha sempre dato massima disponibilità nell’accogliere le nostre richieste, anche perchè riconosce in noi non solo la volontà di fornire un servizio di qualità, ma ne vede anche i risultati tangibili”. “Lo abbiamo scritto anche nel nostro statuto – dice Maurizio Rossetti – i genitori possono venire quando vogliono a controllare o a consumare un pasto nella mensa dei propri figli. E nessuno fino ad ora si è mai lamentato”.

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Simona Gautieri



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