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Il cinema fa bene alla salute. Non è un modo di dire, ma il risultato di una ricerca scientifica documentata con un volume e un dvd in uscita mercoledì 15 gennaio. L’opera che documenta questa esperienza si intitola “Memofilm, la creatività contro l’Alzheimer”, edizioni Mimesis, ed è il frutto del lavoro portato avanti sul campo con persone malate di demenza. Cinque anni di sperimentazione dimostrano che le emozioni non solo ci fanno sentire vivi, ma sono fondamentali per combattere lo stato di apatia, distacco e perdita di identità tipico delle malattie degenerative. Ricordi, passioni, turbamenti tengono aperto il flusso vitale, fermano il tempo e allontanano l’avanzata e il peggioramento dell’Alzheimer. Quel senso di benessere che ci lega alle persone che amiamo insieme con la forza dei ricordi affettivi ed emozionanti si rivelano capaci di tenere a bada il male di cui soffrono 5 persone anziane su 100 e contro il quale non esiste alcuna terapia farmacologica.
L’idea nasce dall’esperienza personale di Eugenio Melloni, sceneggiatore che vive a Ferrara dove ha ambientato La vita come viene diretto da Stefano Incerti con protagonisti Valeria Bruni Tedeschi e Alessandro Haber e che ha firmato la sceneggiatura del primo cortometraggio in 3D girato da Wim Wenders, Il volo, del 2010.
A fare accendere la lampadina che dà il via a questo lavoro, per Melloni è il dramma di un’esperienza personale. “Mio padre – dice – era ammalato e non riusciva a ricordare neanche che mia madre era morta. Dopo averglielo ripetuto giorno dopo giorno, abbiamo deciso di fare un film. E abbiamo scoperto che funzionava. Oltre ad avere una maggiore consapevolezza della realtà che lo circondava, per lui sono diminuiti anche i disturbi di comportamento”.
L’uso del film come terapia conquista Giuseppe Bertolucci, regista e sceneggiatore in tante opere anche al fianco del fratello Bernardo, nonché direttore della Cineteca di Bologna. E’ così che il lavoro diventa un progetto con un’équipe, capitanata da Eugenio Melloni affiancato da Luisa Grosso con il patrocinio della Cineteca, la collaborazione della Fondazione Giovanni XXIII e il supporto finanziario di Unipol.
Le persone anziane afflitte da forme di demenza hanno il problema della memoria che svanisce, piombano nell’impossibilità di ricordare cose che riguardano il loro quotidiano, ma anche i fatti salienti della loro vita, nomi e identità di familiari e persino di se stessi. Il Memofilm è un cortometraggio di circa venti minuti dentro al quale sono raccolti i ricordi legati alla persona malata, brevi interventi di familiari, fotografie che documentano momenti importanti della sua vita, musica e passioni legati alla sua identità. Il film serve al malato di Alzheimer per ricordare chi è, per continuare a dare un senso ai luoghi e alle persone intorno a lui. La visione quotidiana di quel breve filmato punta a far questo; e ci riesce. “Netti miglioramenti nella patologia sono stati riscontrati in 9 casi su 13”, dice con orgoglio Melloni.
E ora volume e dvd in arrivo in libreria serviranno a estendere l’esperienza. Una sorta di manuale per l’uso per riprodurre questa terapia cinematografica su misura per ciascuna persona. Spezzoni di vita, immagini del passato, interviste al malato e ai parenti che servono a stare meglio e a combattere la degenerazione. Magari con il coinvolgimento di associazioni, enti locali, istituzioni che potrebbero fare loro il progetto e introdurlo anche sul territorio. “La nostra équipe – assicura Melloni – è pronta ad affiancare chiunque voglia realizzare un cortometraggio personalizzato per una persona che soffre di questo male”. In fondo al libro l’indicazione: “Si consiglia di somministrare il Memofilm ogni giorno, anche più volte al giorno. Il Memofilm non ha controindicazioni, ma è raccomandato il coinvolgimento di almeno un professionista”.

I film a tema: “50 volte il primo bacio”, “Risvegli”

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Giorgia Mazzotti

Da sempre attenta al rapporto tra parola e immagine, è giornalista professionista. Laurea in Lettere e filosofia e Accademia di belle arti, è autrice di “Breviario della coppia” (Corraini, MN 1996), “Tazio Nuvolari. Luoghi e dimore” (Ogni Uomo è Tutti Gli Uomini, BO 2012) e del contributo su “La comunicazione, la stampa e l’editoria” in “Arte contemporanea a Ferrara” sull’attività espositiva di Palazzo dei Diamanti 1963-1993 (collana Studi Umanistici UniFe, Mimesis, MI 2017). Ha curato mostra e catalogo “Gian Pietro Testa, il giornalista che amava dipingere”.


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