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E’ stato reso pubblico ieri mattina il rapporto della Guardia di Finanza sulle attività del corpo nell’anno 2015. Apprezzabile la brochure (scaricabarile dal sito ww.gdf.gov.it), godibile l’impianto fotografico della pubblicazione, il corpo si fa un po’ di pubblicità e di campagna recruiting, ma – arrivato alla pagina 21 – il lettore mediamente consapevole rischia l’infarto. Secondo il report, infatti, tra sprechi nella Pubblica Amministrazione e truffe ai finanziamenti pubblici, lo Stato italiano nel 2015 avrebbe subito un danno patrimoniale di oltre 4 miliardi di euro.
Di questi, più di un miliardo sono imputabili a finanziamenti pubblici, comunitari e nazionali, illecitamente erogati; un altro miliardo circa sono stati spesi per appalti pubblici illegalmente assegnati e 300 milioni sono finiti in fumo a causa di truffe al settore previdenziale e al sistema sanitario nazionale.

I ‘furbetti del quartierino’ ormai potrebbero popolare intere città: crescono di circa 500 unità gli evasori totali, che pur avendo prodotto reddito risultano completamente sconosciuti al fisco, arrivando a 8.485. Ai responsabili di frodi fiscali sono state sequestrate disponibilità patrimoniali e finanziare per il recupero delle imposte evase per 1,1 miliardi, a fronte di oltre 20.000 indagini di polizia giudiziaria e di più di 85.000 verifiche e controlli. 2.466 i casi di frodi carosello (attuate attraverso la creazione di società fantasma e la costituzione di crediti Iva fittizi) e 444 casi di evasione internazionale, quasi tutti riconducibili a un falso trasferimento della residenza all’estero. Segnalati e denunciati anche 5.184 datori di lavoro che hanno impiegato 11.290 lavoratori in nero e 12.428 lavoratori irregolari.
A questi aggiungiamo sequestri per mafia in beni mobili e immobili per 3 miliardi di euro (sono stati eseguiti accertamenti patrimoniali a carico di 9.180 soggetti condannati o indiziati di appartenere ad associazioni mafiose e prestanome, e 2.182 società): 1.819 beni mobili e immobili, 93 aziende, quote societarie e disponibilità finanziarie per 747 milioni di euro.
Su 5.765 controlli effettuati dalla Guardia di Finanza in sale giochi e centri scommesse sono state riscontrate irregolarità nel 30% dei casi, con oltre 36 milioni di giocate nascoste al fisco. Ciliegina sulla torta: nel paese che fa del marchio “Made in Italy” il suo lasciapassare per il successo la Guardia di Finanza ha sequestrato oltre 390 milioni di prodotti contraffatti e pericolosi, per un valore stimato di circa 3 miliardi, e ha sottratto al mercato, complessivamente, 8.800 tonnellate e 31 milioni di litri di generi agroalimentari contraffatti.

In Europa noi italiani passiamo per i migliori evasori fiscali del territorio comunitario, come dare torno agli spettatori stranieri del nostro sfacelo, con un totale generale di evasione pari al 30% del Pil rispetto al 5% dei Paesi Scandinavi e il 7% della Germania? La domanda però nasce spontanea: perché deteniamo il palma res più ricco in questo campo? Il nostro sistema tributario è instabile e oscuro, i balzelli che i cittadini pagano sono tantissimi, i lavoratori autonomi e i liberi professionisti – che esercitano in regime di partita iva – dichiarano in media meno della metà del fatturando, il nostro sistema di controllo è pressappochista e insufficiente. Inoltre, i cittadini italiani sembrano ormai abituati o rassegnati all’impunità, a seconda del lavoro che si svolge: è forse tutto questo a renderci forti del nostro primato?

Se una piccola coorte di giudici tributaristi è colpevole di aver truccato sia il sistema dei controlli sia quello delle riscossioni coatte, è proprio perché il sistema ha tante e tali falle da permettere che anche il controllore gabbi il suo stesso sistema di controllo. E’ notizia del 9 marzo che la Guardia di finanza abbia eseguito un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di diversi soggetti accusati di far parte di un gruppo in grado di pilotare i ricorsi tributari e far ottenere notevoli sgravi fiscali, dietro il pagamento di un compenso. Fra le persone arrestate e oggetto di perquisizioni (13 le misure emesse dalla procura di Roma) si annoverano funzionari dell’amministrazione finanziaria, giudici tributari, dipendenti, anche in pensione, avvocati, consulenti e commercialisti che pilotavano l’esito dei ricorsi tributari a Roma. Una rete che aveva come obiettivo “sterilizzare con ogni mezzo l’attività di accertamento del Fisco – hanno spiegato dalla Guardia di Finanza – dietro il pagamento di compensi”.
Il sistema era noto solo agli addetti ai lavori, in modo che fossero garantite efficienza e riservatezza. I contribuenti furbetti, dopo aver pagato ingenti somme di denaro o fatto regali di vario genere agli appartenenti alla ‘cricca’, ottenevano indebiti sgravi di imposte dagli uffici dell’agenzia delle Entrate o riuscivano a vincere i ricorsi promossi davanti alla Commissione tributaria regionale e provinciale di Roma contro gli atti di accertamento conseguenti alle verifiche subite dal Fisco.
È stato un professionista a rompere il circolo vizioso: vessato dalle continue richieste, infatti, ha rivelato agli investigatori l’esistenza dell’organizzazione. Le indagini dei finanzieri della compagnia di Velletri, coordinati dalla procura di Roma hanno quindi chiuso il cerchio delle indagini.
L’Agenzia delle Entrate, in una nota alla stampa, ha poi precisato che nessuna delle persone coinvolte è attualmente dipendente dell’Amministrazione. Infatti, mentre uno degli indagati è in pensione dal giugno 2010, gli altri due sono stati licenziati senza preavviso dall’Agenzia, rispettivamente nel 2013 e nel 2015, in seguito a indagini interne che si erano concluse con l’adozione di diversi provvedimenti disciplinari.

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Ingrid Veneroso



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