Ho sempre seguito Guy Delisle e se la maggior parte delle persone era lì per Zerocalcare (pseudonimo di Michele Rech) io ero lì per Guy. Lo seguo dal ‘Diario di un cattivo papà’, attraverso ‘Cronache Birmane’ fino all’ultimo ‘Fuggire’, presentato proprio sabato pomeriggio a Internazionale 2017 nel corso di ‘Matite appuntite’. Il confronto è stato comunque eccezionale, oltre che a tratti molto divertente, sia per la romanità di Zerocalcare sia per lo humour delicato del canadese: due personalità contrapposte con linguaggi diversi, ma con un tratto comune, quello di raccontare tramite la graphic novel.
A moderare il giornalista di Rai Radio1 Giorgio Zanchini, che ricorda subito come l’Italia sia il terzo mercato mondiale del fumetto. Un mondo difficile da definire, le definizioni non si contano più. La graphic novel viene infatti spiegata come “fumetto di realtà”, “reportage a fumetti”, “attualità politica e giornalistica raccontata attraverso le strisce”. Quello che è certo è che anche il lettore comune oggi vi si avvicina sempre di più. In sostanza si tratta di una forma diversa di raccontare una realtà che solitamente viene narrata da inviati sul campo. Si passa da una dimensione soggettiva iniziale a un campo con un più ampio spettro sociale e sociologico che sconfina quasi nel giornalismo. Anche se nessuno dei due artisti si definisce giornalista.
Zerocalcare spiega che nei lavori dedicati alla causa curda (‘Kobane Calling’), ha voluto mantenere il linguaggio precedente perché voleva che restasse riconoscibile dai lettori abituali e che non escludesse. Una continuità di linguaggio in un cambiamento per sostenere una causa, quella curda, con un confronto continuo anche con altri con la stessa comunità curda per la delicatezza delle dinamiche, dell’informazione e della documentazione da reperir e utilizzare. Guy ammette di costeggiare il mondo del reportage a fumetti, ma non si tratta di giornalismo, è qualcosa di diverso. Lui accompagna quasi sempre la moglie che lavora per Medici senza Frontiere, nella sua opera artistica mescola l’aspetto giornalistico, la vita quotidiana, come se scrivesse una grande cartolina per spiegare alla famiglia quello che sta vivendo o ha vissuto. Il ruolo pedagogico è uno dei nodi di questa scrittura, che peraltro deve essere abile nel creare didascalie chiare e sintetiche senza essere noiosi. Il difficile testa fornire informazioni di cui il lettore ha bisogno senza fargli venire la voglia di voltare pagina (Zerocalcare peraltro vi ha ovviato inserendo pagine grigie dove invita il lettore a saltare quelle informazioni se già le conosce…).
C’è un ritmo da seguire e grandi spiegazioni possono appesantire. Guy prende note durante il viaggio e raccoglie molte informazioni. Al rientro si mette a leggere, fa la scelta di tutto quello che ha raccolto e cerca allora di spiegare con il suo tratto semplice e divertente quello che conosce, senza annoiare. Serve sempre una grande onestà nel racconto. Ma come ci si prepara a questo? Guy per ‘Fuggire’ è partito da un articolo di ‘Libération’ sulla storia di Cristophe André, una di quelle persone che va in giro per il mondo ad aiutare gli altri, che, durante una delle sue missioni per Msf, viene rapita dalle stesse persone che voleva aiutare. Alla lettura e ai primi scambi fra Guy e Cristophe sono seguiti molti incontri di persona. Una storia che è diventata amicizia. Non è certo facile narrare a fumetto una storia traumatizzante di chi è stato sequestrato per 115 giorni. Ma André ha raccontato tutto. Con una calma quasi surreale. Con oggettività. Quello che serviva a Guy, per molti tratti caratterialmente simile. La ricezione di questo tipo di racconto da parte della stampa, confessa Guy, non è sempre positiva. I giornalisti spesso vi danno poco risalto, considerato che non considerano i fumetti così seri da meritare una critica. Chi racconta è, infatti, (co)lui che viaggia, un non esperto che vede come un narratore, uno scrittore di viaggio. Se però Guy ha sempre uno sguardo neutrale (per esempio fa mantenere ad André una grande pacatezza, un’assoluta neutralità rispetto a temi complessi), Zerocalcare no. Michele è di parte, ha sposato la causa curda che studia da sempre e confessa il suo “senso di nausea” di fronte a come la televisione italiana racconta la politica estera. C’è una grande distanza dalla realtà. Ma se lui se n’è reso conto grazie alla sua approfondita conoscenza della questione curda, a cosa mai si dà credito sentendo cose che non si conoscono? Che dubbio…
Per i disegni degli sfondi, infine, chi usa la fotografia (Zerocalcare, non abile, dice, a disegnare i panorami), chi si basa solo sulla sua memoria (Guy), partendo dalle note di viaggio e dai ricordi. In ‘Fuggire’, notte e giorno hanno poi un’unica variazione cromatica, il nero e il blu, perché l’ostaggio era sempre in penombra. Il ruolo lo gioca il disegno più che il colore. Guy racconta il vissuto, il quotidiano, non si sente una particolare responsabilità. È il suo racconto. Sempre. Diversi ma vicini, due artisti che parlano un linguaggio adatto a tutti. Da seguire o da iniziare a conoscere per chi ancora non li avesse scoperti.
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Simonetta Sandri
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