Cuochi, cantanti, manager, scrittori: la formula del master televisivo ha ormai un approdo per qualsiasi talento o aspirazione. Mancano ancora i giornalisti ma, vedrete, sarà solo questione di tempo.
Il format talvolta è superficialmente divertente e apprezzabile. Ma cosa premia? La conformità, non certo l’originalità. Le varie giurie di norma scelgono e selezionano non l’inventiva e la creatività, ma l’aderenza a un modello standardizzato o a una tendenza in voga. Non siete d’accordo? Provate a domandarvi se voci ‘stonate’ come un Vasco Rossi o un Paolo Conte avrebbero mai potuto dimostrare il loro X factor. Io ne dubito seriamente.
Si obietterà: la realtà (per fortuna!) non si risolve all’interno di un contenitore televisivo. Però, data la pervasività del mezzo e la sua sempre più marcata disposizione a imporsi come agenzia formativa accanto a famiglia e scuola – con forza e mezzi persuasivi spesso superiori a quelli che sono in grado di dispiegare genitori e insegnanti – viene da chiedersi quale messaggio veicolino tali programmi così in auge. Il rischio è che consegnino ai nostri figli la convinzione che si vince solo stando nel coro. Che non è in assoluto nemmeno un’indicazione fuorviante, purtroppo. Ma è di certo un orizzonte deprimente.
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Sergio Gessi
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