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Il consigliere regionale della Lega Nord: “La Casa circondariale di Bologna, a fronte di una capienza di 500 detenuti, oggi “ospita” 773 criminali, il 55% dei quali non è italiano. Contro il sovraffollamento delle galere occorre far scontare ai delinquenti stranieri le pene “a casa loro”. Sia chiaro: non è razzismo, ma una misura necessaria a garantire condizioni di dignità alle persone detenute”

“Il carcere di Bologna “scoppia” di detenuti stranieri: a fronte di una capienza di 500 detenuti, al 31 dicembre 2017 la Casa circondariale felsinea ospitava 773 criminale, dei quali 428 stranieri, ovvero il 55%. In generale – si legge nel documento elaborato dal Garante dei detenuti dell’Emilia-Romagna e presentato in Regione questa mattina – nell’ultimo triennio, la popolazione detenuta ha segnato un andamento in crescita, col numero dei carcerati passati dai 735 del 2015 ai 773 del 2017 (+5,20%) così come la percentuale degli immigrati rinchiusi, salita dal 51% del 2015 al 55% dello scorso anno. Ebbene, contro il sovraffollamento delle galere occorre far scontare ai delinquenti stranieri le pene a casa loro”.

Così il consigliere regionale della Lega Nord, Daniele Marchetti, che puntualizza: “Sia chiaro che il sostenere che gli stranieri debbano scontare le pene nelle loro patrie galere, attraverso l’attivazione di accordi bilaterali di cooperazione giudiziaria con gli Stati di provenienza, non è frutto di un incontrollato impeto razzista, quanto la consapevolezza che sia l’unica soluzione atta a garantire alle persone detenute condizioni di dignità”.

“Inoltre – prosegue il consigliere leghista – per far fronte al ricorrente fenomeno del sovraffollamento degli istituti penitenziari e garantire condizioni di dignità per le persone detenute, è indispensabile dare attuazione ad un piano per l’edilizia penitenziaria che preveda la realizzazione di nuove strutture e l’ampliamento ed ammodernamento delle attuali. Occorrerà dunque provvedere alla preoccupante carenza di personale di Polizia Penitenziaria con un piano straordinario di assunzioni, nonché intervenire risolutivamente sulla qualità della vita lavorativa degli agenti, in termini di tutele e di strutture”.

“È infine necessario riscrivere la c.d. ‘riforma dell’ordinamento penitenziario’ al fine di garantire la certezza della pena per chi delinque, la maggior tutela della sicurezza dei cittadini, valorizzando altresì il lavoro in carcere come forma principale di rieducazione e reinserimento sociale della persona condannata, così come è urgente una rivisitazione sistematica e organica di tutte le misure premiali per garantire l’effettività del principio di rieducazione della pena. Non da ultimo occorre rivedere le nuove linee guida sul cd. “41-bis”, così da ottenere un effettivo rigore nel funzionamento del regime del “carcere duro” conclude Marchetti.

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