Mappa della città “use-it”: finanziata da soldi pubblici ma ricca di errori
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Da Forza Italia Ferrara
Sono dati in crescita quelli del turismo nel corso dell’ultimo anni a Ferrara e della cosa ci rallegriamo tutti. Fatta questa premessa ribadiamo la necessità di continuare a investire in questo settore, purchè ciò avvenga in modo mirato e giudizioso. Dico questo perché, se si prende in mano la mappa turistica “use-it” (consultabile all’indirizzo use-it.travel) della nostra città si rimane alquanto perplessi.
Si tratta di una pubblicazione rivolta agli stranieri, con taglio volutamente amichevole e giovanilista, curata da una realtà privata (Listone) contando però su patrocini (Università di Ferrara) e aiuti da parte del pubblico. Nello specifico il Comune di Ferrara ha contribuito con 5.000 euro.
La guida risulta in alcuni punti frammentaria e imprecisa (in un punto, tra gli altri, sulla storia degli Ebrei ferraresi nda) ed è stata oggetto di una precedente interpellanza, nella cui risposta l’Assessore alla Cultura spiegava come il Comune si dissocia dai contenuti inseriti in quanto lo stesso non ne deteneva la direzione scientifica.
Sinceramente mi è sembrato un modo troppo semplice per levarsi di dosso oggettive responsabilità alla luce dei soldi pubblici investiti, oltre al dubbio, sorto a diversi osservatori, che a essere favorita sia sempre una ristretta cerchia di associazioni meglio inserite di altre.
Inizierei dalla (scarsa) qualità dell’inglese. Alcuni, tra i tanti esempi ricavabili dal prodotto: il Pasticcio Ferrarese è descritto come un “noodle pie”, dove “noodle”, in inglese, sono unicamente gli spaghetti, mai visti all’interno di un pasticcio locale; la “coppia ferrarese” è descritta a forma di “bullhorn” e non di “bull horn”, il che equivale a dire che il nostro pane assomiglia a un “megafono” invece che a “corna di toro”; c’è poi scritto che il cappellaccio nella sua versione “veggie” (vegana) presuppone il burro (prodotto animale) oltre alla salvia, va da sé che andava tradotto con il temine “vegetarian”; e poi ancora la Mistochina definita come “bakery”(fornaio) invece che come dolce. E potremmo andare avanti a lungo, con tante frasi grammaticamente sbagliate da cui si evince un lavoro poco professionalmente realizzato.
Veniamo poi alla distribuzione. Incuriosita, ho chiesto io stessa una copia della guida presso l’ufficio informativo del Castello. Un po’ imbarazzata, la referente presente ne ha estratta una dal cassetto. Mentre me la porgeva ha precisando che, avendone un numero estremamente limitato di copie, le consegnava solo a fronte di specifica richiesta. Oltre a essere pressapochiste, quindi, queste guide sono anche limitate nella tiratura. A maggior ragione mi chiedo con quale attenzione sono stati spesi quei famosi 5mila euro presi dai fondi dei contribuenti.
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