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Da: Organizzatori

Il Postino Transalpino

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In libreria dal 26 settembre

€ 23,00 | pp. 336
Traduzione di Silvia Albesano

Esther Kinsky
Macchia

Il romanzo dei luoghi
Quando il suo compagno muore, Esther Kinsky decide di partire comunque per il viaggio che avevano organizzato insieme, in Italia. Un’Italia lontana dagli stereotipi e dalle cartoline, dalle piazze affollate di turisti. Quella che Esther Kinsky visita, immergendosi in profondità nello spirito di ogni luogo per coglierne l’essenza recondita, è un’Italia, fat- ta di villaggi minuscoli e vigneti, di cimiteri, di vecchi ponti di pietra; un’Italia che vive nelle voci delle persone che la popolano e nei versi degli animali e dei fiumi che la attra- versano, descrivendo una geografia che è, insieme, fisica e interiore.

Parte diario di viaggio e parte memoriale intimo che cerca nei luoghi un rispecchiamento dell’anima, Macchia – che non può non ricordare le peregrinazioni di W.G. Sebald o, in altro modo, quelle di Robert Macfarlane, senza scordare la lezione di Henry David Thoreau e del suo Walden – è la te-stimonianza lirica di un’anima nuda di fronte al dolore della perdita e alla bellezza della scoperta, un pellegrinag- gio e una catarsi, dal quale si esce con uno stupore sincero e profondo per la capacità di Kinsky di scovare l’universale nel più piccolo dei dettagli: un’arancia al mercato, una fo- glia, un ricciolo di nuvola.

Esther Kinsky è traduttrice e autrice di tre vo- lumi di poesia e due romanzi. Con Il fiume, di prossima pubblicazione presso il Saggiatore, ha vinto l’Adelbert von Chamisso Prize nel 2016, il Franz Hessel Prize nel 2014, il Kranichsteiner Literature Prize nel 2015 ed è stata finalista al Deutscher Buchpreis nel 2914.

Dal libro
«Compravo arance e carciofi. La borsa era leggera, eppure sulla via del ritorno il cuore mi pesava così tanto che pensavo di non farcela più a riportarlo a casa. Mi fermavo di continuo, in imba- razzo per la mia debolezza, e guardavo il cielo e gli alberi. Allo- ra, nelle ramificazioni più alte di alcune conifere scoprivo grovigli biancastri, trame chiare, batuffoli che si assottigliavano legger- mente verso l’alto, bozzoli di resti di nuvola, in cui giungevano a maturazione rare farfalle, che sarebbero sgusciate fuori durante l’estate, per distendere le loro ali di chissà quanti colori e posarsi tremanti sui fornetti senza farsi vedere, accanto alle lampade per- petue, il cui bagliore si dissolveva nella luce accecante del sole.»

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