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Recentemente mi è successa una cosa alquanto strana.
Stavo leggendo un articolo di Concetto Vecchio su Repubblica.it quando a un certo punto senza rendermene conto mi sono addormentato.
Mi devo essere risvegliato circa due ore dopo, devo dire un po’ impaurito da questo strano fenomeno.
Tutto ciò mi ha portato a pormi delle domande che non mi ero mai posto, domande sul concetto di “vecchio”, domande sul concetto di “concetto” e anche domande sul sonno.
Il sonno è anch’esso un – perdonate se cito di nuovo questo grande giornalista – “concetto vecchio”.
Il sonno non ha mai prodotto opere d’ingegno paragonabili a “Zoccolata fendente”, l’esordio letterario del grande romanziere e autore di racconti Arpalio Cavallo o – cito a memoria ma anche a caso – le grandi inchieste mediche sulla correlazione fra calcio e tifo di Alstadio Trombetta.
Ma nemmeno le imprese di Ardito Legato nell’alpinismo degli anni ’50-’60 o quelle del grande Jacky Gross nella Formula 1 dei ’70.
Insomma, qualche cazzaro dorme e quello stesso cazzaro deve aver perso gli stampini di questi libri, di queste imprese e di questi uomini che sono stati in grado di realizzarle.
Ed è qui che inizia a balenarmi in testa quella domanda terribile.
Non è che forse, il solo pensiero di uomini, libri e imprese di tale fattura è divenuto anch’esso un “concetto vecchio”?
Questa domanda continua a farmi rabbrividire.
Ma ad ogni modo devo dire che in questo periodo posso ritenermi felice.
Perché sono uno che si accontenta di piccoli piaceri come un giro così a zonzo in qualche mercatino dove magari posso trovare un vecchio disco di Pino Donaggio e l’autobiografia di Bice Valori per una spesa totale di soli 2€.
Insomma, forse è questa la chiave per la vera felicità nella vita.
E forse: non è anche la vita stessa un po’ un “concetto vecchio”?
Ma certo che no, come non lo saranno mai le domande.
Io mi rifiuterei – all’istante – di vivere in un mondo in cui la vita e/o lo domande possono apparire ai più come non uno ma ben due “concetti vecchi”.
Perché amo troppo la vita, amo troppo i concetti, amo troppo anche i vecchi ma soprattutto: le domande.
Chiudo quindi con una una domanda a cui non sono ancora riuscito a dare risposta: perché dormiamo un po’ tutti di brutto?

Why are we sleeping? (Soft Machine, 1968)

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