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19 Novembre 2015

Ma che Isis d’Egitto

Tempo di lettura: 2 minuti


In questi giorni ci è toccato appurare che non esiste un limite alle castronerie.
Eviterò quindi di riportare l’ultima di castroneria – non per pietà verso quella giornalista sportiva – ma solo per non aumentare di volume voci che andrebbero silenziate.
Mi rendo anche conto di non valere granché come megafono ma è solo un modo per stare meglio con me stesso.

“Twin Infinitives” del 1990
Album: “Twin Infinitives” del 1990

Un po’ come fare la differenziata.
La storia che mi ha colpito di più nelle ultime 24 ore è la situazione non troppo invidiabile in cui si trova questa ragazza di San Francisco che purtroppo si chiama Isis.
È anche un bel nome ma in un momento come questo forse è un po’ impegnativo.
Molto peggio rispetto alla storia Isis/Isis-la-band.
La sua storia è diventata “pubblica” per un motivo apparentemente stupido: facebook le ha cancellato l’account.
Ma in fondo il suo è il nome di quella dea egizia, come dice lei.
E alla fine il suo account è stato riattivato.
Così, per oggi, non posso fare a meno di rendere omaggio a un altra divinità dell’antico Egitto con un pezzo preso da uno dei miei album preferiti di uno dei miei gruppi preferiti.
Un pezzo fuori come un coppo, ok.
Ma mai quanto ‘sti anni in cui ci ritroviamo.

Ogni giorno un brano intonato alla cronaca selezionato e commentato dalla redazione di Radio Strike.

Selezione e commento di Andrea Pavanello, ex DoAs TheBirds, musicista, dj, pasticcione, capo della Seitan! Records e autore di “Carta Bianca” in onda su Radio Strike a orari reperibili in giorni reperibili SOLO consultando il calendario patafisico. xoxo <3

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Un ulteriore punto di forza, forse meno evidente ma non meno importante, è la capacità di far convergere e partecipare ad un progetto le eterogenee singolarità che compongono il tessuto cittadino di Ferrara: lavoratori e precari, studenti universitari e medi, migranti, potranno trovare nella radio uno spazio vivo dove portare le proprie istanze e farsi contaminare da quelle degli altri. Non un contenitore da riempire, ma uno spazio sociale che prende vita a partire dalle energie che si autorganizzano attorno ad esso.

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