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L’utopia e le vendette della Storia

Nella condivisione dell’articolo di Michele Serra apparso ieri su “La Repubblica” con un titolo fuorviante (“La campionessa della destra che vuol comprare L’Unità”) c’è tutta l’amarezza di chi vede estinguersi momenti nobili della nostra vita democratica ora spendibili per operazioni politicamente ma soprattutto eticamente scorrette. La domanda è: che se ne fa la campionessa della destra più bieca e intollerante, la Daniela Santanchè dal dente vampiro, del giornale fondato da Gramsci? Una vendetta sulla Storia o un abile momento di pubblicità, sapendo la suddetta che mai le maestranze e i giornalisti della gloriosa testata avrebbero permesso una simile indegna contrattazione? La stessa domanda che il bravo Serra si pone: “Sbalorditivo perché Santanchè, tra i tanti difetti, ha sempre avuto il pregio di una schietta faziosità, donna di destra dal rossetto ai tacchi, dai sentimenti – è la compagna del feroce Sallusti – all’eloquio da parà (chiedo scusa ai parà, n.d.r)”. Le soluzioni proposte da Serra variano da un’idea sadomaso (“ti compero perché voglio che agonizzi tra le mie braccia)” oppure volontà di raddrizzare la schiena ai “comunisti”. Ma se sono ipotesi condivisibili non mi pare svelino il misterioso motivo e lo centrino. Molto più normalmente la signora ha trovato un mezzo assai ingegnoso di farsi pubblicità “a gratis” e nello stesso tempo rinfocolare gli spiriti depressi dell ex Cav. Molto più banale: la banalità del male politico.

La storia, comunque si evolva, porta a termine nella lunga durata processi, intenzioni, opere e giorni e noi, la generazione che è cresciuta nel mito e nella convinzione della sinistra, si è nutrita di quelle letture anche quando talvolta riflettevano un pensiero massimalista che non era il nostro: dalle note togliattiane a certe insofferenze verso la libertà dell’arte e della cultura e in anni non felici a un omaggio più formale che reale all’ideologia dell’impero russo. Però intere generazioni di scrittori hanno visto in questo foglio il senso di una libertà intellettuale inscalfibile. Ora un libro spiega le ragioni e i perché di quel “fascismo di sinistra” che avrebbe prodotto i massimi scrittori del dopoguerra. Una tesi assai azzardata com’era azzardato pensare che chi scriveva per i compagni, come Cesare Pavese nei suoi celebri articoli sull’Unità, non potesse avere un pensiero libero e europeo come espresse nei contemporanei Dialoghi con Leucò.

Che sa di tutto questo la Santanchè? Come si permette di digrignare i suoi candidi denti pensando di umiliare quel giornale che fa parte della Storia senza (forse) conoscerne il peso e il senso nella evoluzione della storia italiana?

Mi commuove pensare come tanti amici e colleghi futuri, alla domenica, mentre io da borghese socialista li sollecitavo per l’aperitivo in piazza, rispondevano che dovevano distribuire l’Unità. Allora lo trovavo perlomeno un atteggiamento un po’ fanatico. Ora lo trovo nobile e pulito.

Ma al solito la domanda che mi viene spontanea è: “Come mai l’attuale dirigenza politica che si dichiara di sinistra non ha reagito a questa provocazione? “ E’ tutto lecito pur di non scalfire i patti del Nazareno?

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Gianni Venturi

Gianni Venturi è ordinario a riposo di Letteratura italiana all’Università di Firenze, presidente dell’edizione nazionale delle opere di Antonio Canova e co-curatore del Centro Studi Bassaniani di Ferrara. Ha insegnato per decenni Dante alla Facoltà di Lettere dell’Università di Firenze. E’ specialista di letteratura rinascimentale, neoclassica e novecentesca. S’interessa soprattutto dei rapporti tra letteratura e arti figurative e della letteratura dei giardini e del paesaggio.


PAESE REALE
di Piermaria Romani

Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)