Mosca, orto botanico, una calda e afosa domenica estiva.
Mi siedo comodamente su una panchina verde e infuocata e guardo intorno a me, curiosa, come sempre, come ogni volta che mi trovo in mezzo alla gente.
La mia attenzione viene catturata da un gruppo di bambini che giocano e che sognano di ricevere in regalo, da genitori, nonni o zii benevoli, tanti nuovi giochi da condividere. Accanto a loro, una coppia d’innamorati che si scambiano parole dolci e promesse d’amore eterno. L’anno prossimo organizzeranno il loro matrimonio all’isola di Saint Marie, nelle Antille francesi, e dovranno scegliere attentamente il periodo per evitare i pericolosi cicloni distruttivi spazzatutto. Sono felici, talmente felici… Un’anziana signora russa o polacca, che indossa un bel cappello di paglia molto rétro ma affascinante, vende fiori colorati ai turisti che passano; ha veramente bisogno di danaro per il marito ricoverato all’ospedale a causa di un piccolo problema ai polmoni. Ha respirato troppo fumo a causa di un incendio nella foresta vicina alla loro casa di campagna, la dacia dove si sono ritirati in pensione ormai da lungo tempo. L’età non l’ha sicuramente aiutato a recuperare rapidamente. Un cane abbandonato cerca qualcosa da mangiare nella spazzatura maleodorante accanto a ristoranti georgiani dove si arrostiscono enormi e invitanti polli. I gatti, più furbi e svegli, sono già partiti, delusi dal fatto di non aver trovato nulla d’interessante e di appetitoso. Il sole brilla e continuerà a brillare tutta la settimana, dicono le previsioni che qui non sbagliano mai.
Da lontano intravvedo un uomo che legge, la lunga barba bianca, il cappello in testa.
E’ completamente assorbito dal suo romanzo, dal mondo che si trova in esso, molto diverso da quello che c’è fuori, che a lui, ormai, non piace più così tanto. Adoro questo elegante signore, mi piace immaginare il suo nome, la sua storia e la sua vita. Potrebbe facilmente chiamarsi Boris, Valery o Dmitry, come molti russi. Boris, per me.
Solamente e preziosamente Boris.
Boris è nato a Mosca 62 anni fa. Suo padre era russo, sua madre olandese. Ha sempre amato leggere, fin dalla sua tenera infanzia, quando la nonna materna gli aveva acquistato il primo libro, Il Piccolo Principe, in doppia lingua, russo-olandese. Un’edizione rara, scoperta, quasi per miracolo, in un mercatino dell’usato di Parigi, durante un viaggio con l’affascinante marito scrittore. Da quel momento, la nonna gli aveva acquistato molti libri, uno dopo l’altro, poiché aveva capito la grande passione del nipote per il mondo delle parole, che nobilita.
Boris aveva, allora, scelto d’iscriversi alla prestigiosa Università Lomonosov di Mosca, che, con i suoi studenti celebri come Cechov, era diventata per lui il sogno realizzato.
Leggere, scrivere, studiare la filosofia, la storia e la letteratura erano diventati la vita quotidiana e naturale di Boris. La sua curiosità aumentava con gli anni e i discorsi fatti con gli amici durante serate piene di fumo e idee. In seguito, a 26 anni, aveva deciso di andare a studiare a Cuba, come molti russi dell’epoca. Di quest’esperienza, oggi, non conserva solo bei ricordi e una moglie (avrebbe sposato una cubana) ma anche la lunga barba curata. Gli scritti di Ernesto Che Guevara sarebbero stati l’ispirazione della purezza della sua condotta di vita, sempre all’ascolto e a disposizione degli altri. I suoi tre figli avrebbero imparato il rispetto, la disciplina, la ricchezza nella povertà, la fatica, il sacrificio, l’amore. Sì, perché l’amore era, ed è ancora, l’ingrediente principale della casa di Boris. L’amore immenso per la moglie Frida, per i figli Vlad, Ivan e Igor, i suoi animali (il gatto Romeo, il cane Taras e il canarino Pio), la sua famiglia, i suoi amici, i suoi colori, la letteratura, la vita.
Boris legge dolcemente e lentamente il suo romanzo, senza fretta, attento e concentrato, in questo bel parco moscovita, assolutamente ignaro del fatto che sto immaginando la sua vita; sereno, solo con i suoi pensieri e i suoi sogni leggeri e profumati che escono liberi dalle pagine. Allora prendo al volo un bel sogno che scivola, ignaro, dalle pagine e lo tengo per me, ringraziandolo con un sorriso. Sarò un po’ Boris anche io.
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Simonetta Sandri
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