Qualche giorno fa, un evento ha sconvolto il normale svolgimento della sesta edizione del Bifest, Festival internazionale del cinema di Bari, ideato e diretto da Felice Laudadio e presieduto da Ettore Scola: nel Teatro Petruzzelli è stato proiettato “Caro Diario“, e subito dopo Nanni Moretti ha svolto una master class di cinema, nel corso della quale ha letto il diario scritto nel corso della preparazione, le riprese e il montaggio del film. Il risultato è stato clamoroso.
Il Festival, che oramai si è affermato come uno dei più rilevanti nel panorama attuale, aveva peraltro ospitato altri eventi di grande rilevanza: Alan Parker, regista de “Le ceneri di Angela”, di “Evita e Mississipi Burning”; Jean Jacques Annaud, il cui film “L’ultimo lupo” è nelle sale in questi giorni; Edgar Reitz, un monumento del cinema mondiale, autore dei film di durata monstre “Heimat 1”, “Heimat 2”, e di “Heimat 3. Cronaca di una svolta epocale”, di prossima uscita nelle sale; il regista polacco Andrej Waida, che con “L’uomo di ferro” ha vinto la Palma d’oro al Festival di Cannes; Costa Gavras, regista e intellettuale greco autore dell’indimenticato “Z Orgia del Potere”; Margarethe Von Trotta, vincitrice del Leone d’Oro a Venezia con “Anni di piombo”; il nostro grande Ettore Scola, di cui è inutile dire ai nostri lettori.
Ma sabato mattina presto, in una Bari peraltro grigia e piovosa, davanti al Petruzzelli, si respirava l’aria del grande evento: mezz’ora prima della proiezione di “Caro Diario”, il teatro straboccava nella platea e in ognuno dei 6 ordini di posti, e fuori centinaia di persone si accalcavano nel vano tentativo di entrare.
Il film, a distanza di oltre 20 anni (è del 1993), ha ancora affascinato, divertito e commosso il pubblico, in maggioranza giovani; la corsa in Vespa nei quartieri di Roma e all’Idroscalo dove Pasolini fu assassinato, con lo struggente brano Koln Concert di Keith Jarret; l’irresistibile episodio “Isole”, dove in una Lipari stravolta dal traffico e una Panarea milanesizzata si aggirano ex sessantottini straniati e surreali; e infine la parabola agro amara della sua malattia tra dermatologi autistici e medici cinesi.
E quando al termine della proiezione è entrato Nanni il teatro è esploso; la cordialità attenta e competente dimostrata dal pubblico verso gli altri ospiti, si è trasformata in una ovazione da stadio, in un omaggio devoto e divistico verso uno dei personaggi più significativi del cinema italiano.
Perché Moretti oggi, con i suoi maturi e splendidi 60 anni, appare davvero come uno dei più carismatici personaggi del nostro cinema; abbiamo molti grandi registi e attori, il nostro Sorrentino ha vinto l’Oscar, come anche Roberto Benigni, che anche per le sue presenze televisive ha maggiore popolarità tra il grande pubblico. Ma per il pubblico del cinema, Nanni è una icona: amato, spesso anche inviso; definito “pignolo”, talvolta “antipatico”, troppo “esigente”, spesso “maniacale”, qualcuno lo definisce “presuntuoso”, sicuramente invidiato.
Personalmente, provando a usare la sua autoironia, lo definirei un ‘luterano’ monteverdino (quartiere di Roma). Moretti è uno che fa le cose che vuole fare, che si scrive e si produce i suoi film; uno che nella generale crisi degli esercizi cinematografici si è fatto una sua sala, dove programma i film che piacciono a lui, ma lo riempie ogni giorno. Un autarchico di successo, in coerenza col suo primo film.
Quando in “Caro Diario”, riferendosi agli estremisti anni ’70, dice “Voi gridavate cose orrende e violentissime, e voi siete imbruttiti. Io gridavo cose giuste, e ora sono uno splendido quarantenne” rivendica a buon diritto la sua identità.
La lucida affettuosa consapevolezza con la quale ha raccontato la sua e le nostre storie (da “Io sono un autarchico”, per proseguire poi, solo citandone alcuni, con “Ecce Bombo”, “Palombella Rossa”, “La stanza del Figlio”, Palma d’oro a Cannes, al “Caimano”, satira profetica su Berlusconi, come fu pure anticipatore delle dimissioni del Papa con “Habemus Papam”) dà il senso del percorso che rende Moretti mentore e testimone di queste nostre storie.
Lo aspettiamo ora con il suo ultimo film “Mia madre“, dal 16 aprile nelle sale, con la speranza che possa concorrere e magari aggiudicarsi la Palma d’Oro al Festival di Cannes.
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Massimo Piazza
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