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L’ossessione del sei e balle spaziali varie
Un racconto di Carlo Tassi

Mentre distrattamente raccolgo i miei pensieri sparpagliati, confortato da gradevoli rumori di fondo, di nuovo mi chiedo perché mai il tempo funzioni a multipli di sei. Ovviamente alludo a quei miserabili di un tempo passato che adesso non ricordo. Quelli che han deciso che il tempo dovesse misurarsi in questo modo, dagli orologi ai calendari, sempre sei.
Sei per dieci fa sessanta, come i secondi in un minuto, come i minuti in un’ora. Sei per quattro fa ventiquattro, come le ore in un giorno. Sei per cinque fa trenta, come i giorni in un mese. Sei per due fa dodici, come i mesi in un anno. Multipli di sei come dicevo.
E questo pensiero mi perseguita anno dopo anno, per tutti gli anni della mia esistenza. Sarà che la somma delle cifre della mia data di nascita fa trentasei, sei per sei per l’appunto!
Non c’è scampo all’ossessione del sei. Specie quando il mio numero preferito è otto. Per qualche tempo ho perorato invano la sua causa, essendo l’otto palindromo e simbolo d’infinito. Ma non c’è stato verso, dato che da più parti è stata sollevata l’obiezione relativa all’unidirezionalità del tempo e al suo ipotetico inizio.
Quindi niente da fare, l’otto resterà soltanto il mio numero preferito e nulla più.

Altra questione che mi tormenta è quella dei rumori nello spazio siderale. Un falso galattico, come dire.
Ma come si può ragionevolmente pensare che la gente possa credere che nel vuoto cosmico esistano rumori molesti o di ogni altro tipo? Ve lo immaginate? Il rumore di un vettore a protoni o di un raggio fotonico?
Wham! Booamm! Blam! Ka-pow…
O il baccano fatto da una supernova che esplode?
Broooommmm! Kratatoooommmm…
Com’è possibile se nello spazio i rumori non esistono? Se le onde sonore non hanno nulla a cui aggrapparsi?
Il buio, il freddo, il vuoto assoluto… nel più assoluto silenzio. Esattamente come la morte!

Per questo ho scelto di restarmene buono buono a casa mia, ad ascoltare i miei rumori preferiti, nel tepore del mio termosifone, nella luce calda e soffusa della mia abat-jour, nel tempo scandito dal ticchettio del mio orologio da parete. Le fusa della mia gatta, il respiro del mio cane, le chiacchiere con mia moglie. Poi le cazzate dette in tv, come i bang bang spaziali nei film di fantascienza, tanto improbabili quanto indispensabili.
Stupidaggini come queste aiutano, in un modo o nell’altro, in un mondo e nell’altro, rumore o silenzio che sia. Il pensiero fluttua libero nello spazio profondo, regolato da un tempo impalpabile, indefinibile.
I problemi restano irrisolti, ma noi sopravviviamo lo stesso… o almeno ci proviamo.

E fanculo al numero sei!

Bang Bang Bang (Mark Ronson, 2010)


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Carlo Tassi

Ferrarese classe 1964, disegna e scrive per dare un senso alla sua vita. Adora i fumetti, la musica prog e gli animali non necessariamente in quest’ordine. S’iscrive ad Architettura però non si laurea, si laurea invece in Lettere e diventa umanista suo malgrado. Non ama la politica perché detesta le bugie. Autore e vignettista freelance su Ferraraitalia, oggi collabora e si diverte come redattore nel quotidiano online Periscopio. Ha scritto il suo primo libro tardi, ma ha intenzione di scriverne altri. https://www.carlotassiautore.altervista.org/


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it