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Laidume, [lai-dù-me], s.m.(pl.-mi), lett. Sozzura, sudiciume, fig. Infamità, ignominia. Laidume dunque è la parola colta e rara per esprimere sdegno per l’infamia dell’attacco alla Bellezza compiuto da individui non umani (se l’umanità si misura sull’intelletto e sullo spirito, una delle prerogative in via d’estinzione della specie cosiddetta “umana”). Eppure leggendo su Facebook i commenti mi sentivo inquieto e poco propenso a una condivisione generale visto che, pur nella quasi totalità della deprecazione e della condanna, un sottile distinguo sembrava predominare e verteva soprattutto sulla debolezza delle nostre forze di polizia, la condizione delle carceri italiane, il sistema punitivo ecc.

Ma come? Qui si offende in modo gravissimo il patrimonio comune della storia di una nazione, colpendo un’opera di bellezza unica eseguita quando ancora Bernini era indicato come l’espressione più alta del genio italiano ed europeo e si discetta sul modo di punibilità di questi individui che, evidentemente, sono prodotto non certo raro della condizione sociale ed economica dell’Occidente, invece di riflettere se sono le condizioni culturali che inducono ad ignorare l’intangibilità della nostra Storia e a non interrogarci sul perché si è arrivati a questa prospettiva di un mondo indifferente agli effetti della bellezza.

In un’epoca feroce quale fu quella dominata dal tiranno Napoleone, la bellezza poteva essere cantata da un poeta che era pure soldato e non alieno dalla gioia dei piaceri mondani in questi termini: “E in te beltà rivive,/l’aurea beltate ond’ebbero/ ristoro unico a’ mali/ le nate a vaneggiar menti mortali.” La bellezza, ristoro UNICO ai mali come capiva anche il compatriota di questi poveracci mentali, Rembrandt, che così trionfalmente esprimono il nostro tempo.

LAIDUME, il commercio mercenario delle passeggiatrici indagate nei loro luoghi di riunione a Ferrara: giovani, belle, e anche vecchie, sfatte con il segno del tempo che impietosamente rende incredibile come i “maschi” trovino piacere nella frequentazione se non per mescolare disperazioni, bruttezze, squallore.

LAIDUME, l’idea di riunire gli incontri tra queste disperazioni in quartieri appositamente consegnati. Come le bestie allo zoo.

LAIDUME, condividere l’idea esibita da felpe e barbette che “negri” (secondo le definizioni di certi benpensanti) e disperati che si affidano alle carrette del mare possano essere accolti nelle terre che furono di Mussolini e di Hitler.

LAIDUME, infine, che coinvolge sempre di più questo disperato tempo che stiamo vivendo e soffrendo.

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Gianni Venturi

Gianni Venturi è ordinario a riposo di Letteratura italiana all’Università di Firenze, presidente dell’edizione nazionale delle opere di Antonio Canova e co-curatore del Centro Studi Bassaniani di Ferrara. Ha insegnato per decenni Dante alla Facoltà di Lettere dell’Università di Firenze. E’ specialista di letteratura rinascimentale, neoclassica e novecentesca. S’interessa soprattutto dei rapporti tra letteratura e arti figurative e della letteratura dei giardini e del paesaggio.


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it