La serie di vicende che ha portato alle dimissioni del sindaco Marino si presta, nel merito, a molteplici letture, su cui in tanti si sono esercitati con analisi più o meno raffinate e condivisibili. Si tratta in effetti di una storia complessa, all’interno della quale convergono diversi ordini di considerazioni: sull’uomo, sulle scelte, sul contesto in cui si è trovato ad operare.
Non di questo però vorrei parlare, ma di un aspetto di contorno, che è emerso nei social network e sui giornali, da cui emerge come in altri casi una polarizzazione quasi totale dei giudizi. Siamo ormai diventati un Paese dicotomico, dove ogni compromesso è per definizione un inciucio e dove ogni tentativo di cercare di capire al di fuori e al di sopra degli schieramenti suscita ormai solo diffidenza: o di qua o di là, senza eccezioni e con pene severissime per ogni sospetto di intelligenza col ‘nemico’.
Da una parte c’è infatti chi difende il sindaco a spada tratta e derubrica a semplici sviste le irregolarità accertate (e non smentite), anche se a volte solo qualche mese prima aveva gridato alle dimissioni senza appello per altri amministratori coinvolti in casi analoghi. Dall’altra, specularmente, ci sono invece quelli che, partendo dai medesimi fatti, danno un giudizio globale completamente negativo sull’operato del sindaco in questi quasi tre anni di mandato. Si intuisce che non tutte queste opinioni così nette nascano dal cuore, ma siano spesso la rappresentazione, neanche tanto nascosta, di interessi precisi: da chi pensa che vincerà le prossime elezioni a chi invece teme di poter sparire del tutto. Se è però lecito aspettarsi dai professionisti della politica (e, purtroppo, dell’informazione) comportamenti volti a trarre il massimo vantaggio dalla vicenda – in fondo fa parte del loro mestiere, quello che stupisce è come siano pochissime le voci fuori dai cori contrapposti che si levano dalle persone normali, che scambiano le proprie opinioni sui social network o sui blog dei giornali. Come se non fosse possibile ammettere che, nonostante le tante cose positive fatte come sindaco, Marino si è comunque macchiato di colpe che, ovunque nel mondo civile, porterebbero un amministratore pubblico alle dimissioni.
Non è lecito cioè mischiare il profondo rammarico e anche la rabbia per la fine di un’esperienza che a Roma aveva cominciato ad intaccare un regime affaristico e criminale consolidato da decenni, con la consapevolezza che le cause della catastrofe sono esclusivamente imputabili ai comportamenti dell’ex sindaco. Al contrario, solo valutando con la dovuta severità i suoi comportamenti, sarà possibile cercare di salvare il resto di fronte ad un’opinione pubblica arrabbiata e confusa.
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Raffaele Mosca
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