Nino Cristofori se n’è andato in silenzio dopo una lunga e penosa malattia. Il rispetto dovuto all’uomo però non implica il silenzio ipocrita e l’annullamento del dissenso su un certo modo di intendere la politica e sulla maniera di praticarla, nel suo caso non da semplice comprimario ma spesso da prim’attore.
L’editoriale del Carlino Ferrara di oggi rappresenta efficacemente l’idea che una certa parte della città aveva di lui. Scrive il caporedattore Cristiano Bendin: “Sono molti i ferraresi che, in questi mesi di tormentata vicenda Carife, hanno sussurrato: se ci fosse stato Cristofori, nessuno avrebbe osato fare ciò che è stato fatto alla Carife”. E conclude: “Non sappiamo se ciò sia vero. Ma quasi certamente, con lui vivo e vitale, Ferrara non sarebbe stata trattata così. E forse starebbe un po’ meglio…”.
Questo è il punto. Con la sua ‘protezione’ la città (forse) starebbe un po’ meglio. Questo afferma Bendin, questo realisticamente pensano in tanti. E’ possibile, anzi, è verosimile, perché così è fatta l’Italia. E la cosa mi deprime.
Io penso che una banca (Carife inclusa), come una qualsiasi impresa, se non è in grado di stare in piedi non debba essere tenuta in vita per compiacenza politica. E invece è stato proprio seguendo questa concezione che negli anni ruggenti della Democrazia cristiana si sono alimentati carrozzoni decotti, sprecando risorse pubbliche e alimentando il debito dello Stato, sino all’attuale voragine.
E la sensazione è che, finita la Dc, non sia finita la logica dello spreco e dell’indebito soccorso agli amici degli amici.
Carife è solo un esempio incidentale, magari la vicenda è diversa e andava semplicemente governata con avvedutezza; ma non parlo di questo, mi riferisco al criterio d’azione che qualcuno sembra rimpiangere, legato all’idea di un nume tutelare in grado di riaggiustare le cose a favore del paesello quando ci sono problemi da risolvere o occasioni da cogliere.
Beh, a me la logica da padrini che sta dietro questa immagine non piace proprio. Mi sembra lo specchio peggiore del nostro Paese.

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Sergio Gessi
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