L’OPINIONE
Da ottomila a mille
anche nei rifiuti
(e bisogna ridurre i consumi)
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E’ opportuno ridurre il numero delle aziende che si occupano di ambiente o è un falso problema? La risoluzione della questione rifiuti sicuramente non si può risolvere solo trovando le migliori soluzioni di smaltimento di quantità sempre crescente di scarti, quanto in una più complessa politica industriale di coordinamento e di contenimento dei consumi in modo sostenibile e compatibile con tutte le esigenze ambientali. Questo almeno affermiamo in molti da moltissimi anni.
Per superare definitivamente l’emergenza rifiuti la più naturale e immediata azione da sviluppare non è, dunque, solo quella di fermare la crescita dei quantitativi dei rifiuti stessi e quindi quella di produrne meno (che sarebbe comunque ora iniziassimo a fare), ma anche di modificare radicalmente il sistema ambientale. La crucialità del problema dei rifiuti è di ordine economico, normativo, tecnico, ma anche e soprattutto culturale, una appropriazione culturale forte è necessaria non solo per promuovere una indispensabile coscienza civica, ma anche per sostenere lo sviluppo di risposte appropriate e a loro volta ambientalmente compatibili. Va quindi aperta una fase nuova nell’affrontare i problemi del settore.
Alle maggiori difficoltà deve corrispondere maggiore capacità di programmazione e controllo, e soprattutto il superamento di politiche aventi esclusivamente carattere di emergenza. Questa opzione pone dunque l’esigenza di costruire un nuovo sistema di regole, di controlli e di meccanismi di trasparenza che rivedano i diversi modelli organizzativi dei servizi. In sostanza, è del tutto assente su scala nazionale un modello di gestione rifiuti basato sul “sistema di gestione integrata”. Alcuni buoni esempi non bastano per garantire il sistema.
Per fare questo occorrono non singoli provvedimenti, ma interventi organici non dettati dall’emergenza, in armonia con le direttive comunitarie. I servizi di igiene urbana si contraddistinguono generalmente per il fatto che la formazione della domanda avviene per mezzo di un processo politico e si manifesta tipicamente attraverso le amministrazioni pubbliche, anche se poi in numerosi casi, specie quelli delle utenze che ricevono servizi specializzati, si viene configurando un rapporto più o meno diretto fra il gestore e l’utente.
La progressiva crescita dell’autonomia decisionale delle imprese pubbliche, anche a seguito dell’acquisizione della personalità giuridica prima e della quotazione in borsa poi, ha generato una serie di problemi interpretativi legati alle regole del mercato. A questo proposito, nei vari provvedimenti che si sono succeduti negli anni è leggibile una grande confusione, anche in funzione dei contingenti rapporti di forza fra le diverse lobby. Negli ultimi tempi, molte aziende pubbliche mostrano poi una propensione, molto maggiore del passato, a servirsi di imprese esterne per la gestione di diverse fasi produttive. Inoltre nessuna impresa privata ha mai assunto dimensioni superiori a quella regionale; in taluni casi, I’impresa privata (non pubblica) serve per tradizione territori piccoli. Inoltre in aree in cui il gestore ha un rapporto sostanzialmente illimitato nel tempo con il titolare del servizio, i meccanismi regolativi del mercato o della concorrenza per il mercato non esistono.
L’articolazione territoriale delle strategie di offerta di servizi di interesse pubblico incide infatti sull’efficienza dei sistemi di gestione e coordinamento (local policies) e i processi di globalizzazione delle economie rendono irrilevante la capacità competitiva della singola impresa (né la dimensione è fattore determinante di successo); il passaggio è dunque da concorrenza individuale ad efficienza di sistemi.
Il dibattito che sino ad oggi si è sviluppato, fondato su una semplicistica contrapposizione tra le diverse opzioni tecnologiche e organizzative deve approdare ad una conclusione in cui le diverse opzioni consentano una integrazione sinergica per far uscire il settore rifiuti dalla continua emergenza.
Va allora agevolata una trasformazione delle aziende (pubbliche e private) verso una struttura di coordinamento, tendente a scorporare funzioni operative e specializzazioni, con processi di parziale privatizzazione o costituzione di società di scopo e di servizio, ma va anche favorita una politica di alleanze pubbliche sia tecnologiche (impianti complementari) sia geografiche (ambiti in area vasta) sia per lo sviluppo (innovazioni).
In questa direzione è in crescita la gestione integrata dei servizi energetici ed ambientali sia per i processi di unificazione avvenuti in molte città sia per la costante implementazione delle competenze operative delle aziende che nel tempo stanno sviluppando crescenti capacità competitive su un mercato complessivo dei servizi collettivi. Dobbiamo dare grande importanza al nostro sistema di imprese, dobbiamo valorizzare la nostra capacità competitiva e di sviluppo, sapendo di poter contare su aziende leader ed emergenti che sappiano accrescere i vantaggi raggiunti. è di vitale importanza la crescita di una capacità di reazione del sistema d’imprese sia nella competitività tecnologica (e propensione all’investimento) sia nella potenzialità di espansione (e capacità di sviluppo).
Probabilmente non è più unico elemento rilevante la sola capacità competitiva di una azienda né la sua dimensione, ma diventa sempre più determinante l’efficienza globale di sistema e la qualità del sistema relazionale, perché la concorrenza nel mercato globale è sempre più una concorrenza fra sistemi. La globalizzazione è un processo che non deve essere misurato solo dalla dinamica degli scambi commerciali, ma da una molteplicità di interdipendenze che collegano i diversi sistemi locali in una rete di dimensione globale. Nel quadro di economie aperte occorre infatti avere una forte capacità di innovazione delle istituzioni e degli strumenti di governo del territori; definizione di progetti di sviluppo, ricerca di soluzioni ai problemi di coordinamento (di politiche, di strumenti e di risorse) e di compartecipazione (di soggetti pubblici e privati) a livello territoriale. Le imprese locali di pubblica utilità esprimono in questa regione un notevole potenziale competitivo che si può ulteriormente valorizzare nel tempo. Le imprese pubbliche emiliano -romagnole raccolgono infatti buona parte del know-how disponibile in Italia nella gestione delle acque, nella gestione dei rifiuti e nella gestione dei trasporti locali.
La sfida dei prossimi anni comporta quindi la costante espansione delle attività di servizio (al cittadino e all’impresa) con una tendenza sempre più accentuata alla specializzazione, anche per segmenti, e alla diversificazione del servizio offerto, al minor costo possibile. Non ci si deve preoccupare dunque se le nostre aziende crescono, ma se non sappiamo controllarle. Senza regolazione siamo comunque deboli. Questo bisogno di “governance” nei servizi pubblici ambientali però porta con sé anche elementi di conflitto o di interessi contrapposti su cui si discute troppo poco.
Per la migliore efficacia del ruolo e delle funzioni occorre dunque assicurare una crescente capacità di vigilanza su questioni che incidono direttamente sui cittadini. Da troppo tempo ad esempio abbiamo perso la conoscenza dei costi e dei prezzi; le tariffe sono diventate uno strumento di tassazione e non di analisi economica dei servizi. Bisogna allora maturare con maggiore forza la consapevolezza collettiva che occorre potenziare le politiche per il consumatore e gli strumenti di regolazione che lo riguardano; il tema della qualità dei servizi di interesse generale è quindi di crescente importanza perché tocca le esigenze concrete dei cittadini/consumatori sulla loro qualità della vita. Il ruolo ormai collettivamente riconosciuto fondamentale della cultura sostenibile ambientale assieme alla crescente rilevanza della percezione di qualità nei servizi pubblici richiedono un coinvolgimento di tutti i protagonisti del sistema intesi come parte di soluzione e soprattutto propone una forte interazione trasversale di società, economia ed ambiente.
La decisione, di questi giorni, di assegnare il ruolo di regolatore per i rifiuti all’Autorità per l’energia e il gas (Aeeg), dopo quello dell’acqua, è un passo importante rispetto al vuoto totale di questo periodo.
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Andrea Cirelli
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