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Da qualche tempo i quotidiani sono particolarmente polposi e le riviste che li accompagnano sembrano volumi in quarto. Quando mai tanta abbondanza? Fosse un’offensiva Marchionne-Renzi? Fossero mitragliate di twitter ed esternazioni? Fossero le dolenti note ispirate alla celebre “Melancolia” di Dürer che escono dal labbro stretto di Bersani? Macché! Sono pagine, decine e centinaia, che presentano la moda italiana per lei, per lui e per entrambi. Magnifiche confezioni presentate da stupefatte modelle/i che ti guardano con disgusto, irritazione e noia stringendo le preziose stoffe attorno alle loro gambucce, spallucce, testine, mentre avanzano con quel ritmo ondulante e artefatto che fa la gioia degli stilisti e dei fotografi. Perfetta metafora della politica italiana e dei loro protagonisti. Magnifici lavori che si adattano all’artificio di chi non sarà mai così annoiato, tetro, indifferente, scostante e falso come deve essere il comportamento dei modelli/e.

Una saturazione così evidente degli affari della politica con lo scontro gigantesco sull’articolo 18, sul job act, sulla lotta senza quartiere tra magistratura e politica tanto che ne risentono i talk show fino a ieri padroni incontrastati della serata televisiva: cadono Floris, Giannini, Santoro e le Gabbie, i Virus, le Piazze pulite. La ‘ggente’ non ne può più di esternazioni, di insulti, di veleni sussurrati a fior di labbra. Salta perfino fuori il vecchio ma sempre valido appellativo di ‘amico’ per definire il più odiato o disprezzato tra i contendenti (molto amato in area Pd). Perfino le contorsioni di De Magistris non suscitano sconcerto se non l’ironia del grande Francesco Merlo che firma uno dei suoi pezzi più strepitosi su La Repubblica: La Nemesi beffarda di Giggino ‘a manetta paladino della legalità che resiste alla legge. Le considerazioni del grande giornalista, che analizza i soprannomi di cui si riveste il sindaco di Napoli (oltre ‘a manetta, ‘o skipper, ‘o scassatore, ‘a promessa) culminano nell’ultima, a me cara perché cita un mio grande maestro Luigi Russo: Giggino Banderas è l’ultimo dei soprannomi. E’ la mamma che gli cucì la toga in 48 ore il giorno della tesi di laurea. La mamma che gli ha insegnato a tenere il Vangelo sempre sul comodino. Ma forse la mamma, che è l’erede del grande italianista Luigi Russo, mai aveva pensato a un destino di ‘ammuina populista’, di giudice ‘sciuè sciuè’. Un pezzo formidabile che pone ancora una volta in luce il carattere degli italiani a cui va la responsabilità della collezione nuova della moda e del comportamento dei politici.

Non so se dell’ammuina fa parte il comportamento del sindaco di Comacchio che sfida i rigori del grande statista a cui fa capo il suo partito. Non so se l’ammuina centri con la lotta per la conquista della presidenza della Regione Emilia-Romagna tra accuse e chiarimenti, tra rifiuti e resistenze: Bonaccini, Richetti, Balzani con il prolungamento della passerella dei modelli che sfilano fin sotto lo Scalone. Modonesi, Calvano, Zappaterra, Zaghini mentre il Sindaco s’industria, si defila e fa la voce grossa davanti alle sofferenze e ai trionfi con Marattin che parte per Roma spremendo una lacrimuccia. Non mi se ne voglia di queste parole scritte per ‘alleviare’ il cuore oppresso. Anch’io, nonostante avessi giurato mai, ieri ho votato alle primarie. Anch’io sento l’angoscia del presente. Anch’io trovo rifugio in quel benessere che solo la frequentazione della cultura alta può provocare. E ne fanno fede le sale stipate dei ferraresi e no che ieri sono accorsi all’Ariostea a sentir parlare di Matteotti e alla Pinacoteca dei Diamanti di Dosso Dossi. Poi si esce, e poco lontano già comincia la sagra europea delle bancherelle. Per favore, per favore amico Dario, fai che la cultura, i musei, non diventino sagre ma riescano a sconfiggere i modelli, con le loro facce annoiate e rivelino solo la bellezza delle stoffe dell’’ingenium’ italiano, della preziosità di un pensiero che non ha bisogno se non di riconoscere la verità e l’etica, là dove dovrebbe essere imperativo che si trovi e si frequenti: nella politica.

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Gianni Venturi

Gianni Venturi è ordinario a riposo di Letteratura italiana all’Università di Firenze, presidente dell’edizione nazionale delle opere di Antonio Canova e co-curatore del Centro Studi Bassaniani di Ferrara. Ha insegnato per decenni Dante alla Facoltà di Lettere dell’Università di Firenze. E’ specialista di letteratura rinascimentale, neoclassica e novecentesca. S’interessa soprattutto dei rapporti tra letteratura e arti figurative e della letteratura dei giardini e del paesaggio.


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