Aldo Modonesi ritira la sua candidatura. E’ l’ultima puntata di una nervosa, confusa e ipocrita telenovela stucchevole. Ad aprire le danze ci aveva pensato il livello regionale. Patrizio Bianchi, prima si presenta polemico contro i giochini di vertice, poi si ritira dopo… un incontro di vertice. Richetti si ritira per un avviso di garanzia. Bonaccini rimane anche se interessato da un medesimo avviso. L’unico che ha mantenuto una posizione chiara e serena è stato Balzani.
Spostiamoci ora a Ferrara. Non discuto le varie auto candidature, tutte legittime. Non capisco, invece, la performance di Modonesi. E’ evidente che la sua candidatura avrebbe reso le primarie una gara vera. Questo dava forse fastidio a qualcuno che vuole vincere facile? Resta il fatto che dopo la strigliata del sindaco, Modonesi si ritira. Il richiamo di Tagliani è stato duro. Provo a tradurlo in poche parole: “Ragazzi, datevi una calmata! Ho appena formato una squadra e c’è già chi vuole giocare in un’altra…”. Piccola postilla a questo comprensibile sfogo. Forse, caro sindaco, il modello di questo modo di fare politica viene dall’alto. Ricordi il cinico: “Enrico stai sereno!”? Resta il fatto che la ‘famiglia (dirigente) renziana’ è litigiosa. Basta leggere lo scambio avvelenato di battute tra Marattin e la Zappaterra avvenuto nella riunione della Direzione.
Ma torniamo al ritiro di Modonesi. E’ riferito a lui il termine ipocrisia. Dice Modonesi: “Ringrazio il sindaco per il riconoscimento che la questione che ho sollevato era di natura politica e non personale”. Ma, caro Modonesi, potevi sollevare la legittima questione del caos che si era creato a livello regionale con i candidati inquisiti senza il bisogno di candidarti a tua volta. O no? E allora, perché il ritiro? Sei così ingenuo, o ci ritieni così sempliciotti da non immaginare che sarebbe arrivato un contentino (per ora) dialettico pur di farti ritirare dalla corsa? Infine un’annotazione che non c’entra con le primarie, ma molto con l’identità e la natura del Pd renziano. Si legge e si dice che Girolamo Calò, anch’egli appena eletto presidente del consiglio comunale, scalpiti perché vorrebbe fare l’assessore. Forse per competenze ingiustamente non riconosciute? Può darsi. Un commentatore autorevole ha però scritto, senza essere smentito, che Calò ha gettato sul tavolo le sue 806 preferenze per far pesare la sua richiesta. Insomma, la politica ridotta ad una sala da gioco da Casinò, e i voti usati come fiches personali…Evviva la nuova politica!
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Fiorenzo Baratelli
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