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Aharon Cizling (Ministro israeliano dell’agricoltura 1948-1949): “Ora anche gli ebrei si sono comportati come i nazisti, e ne sono sconvolto”.

E’ pericoloso interpretare le vicende storiche contemporanee basandosi unicamente su simpatie e affetti personali. Occorre invece analizzare la contemporaneità attraverso l’approfondimento onesto e razionale della Storia, sempre magistra vitae. Alcuni articoli pubblicati recentemente su questa testata non mostrano l’approfondimento storico necessario per condurre una corretta analisi storica del conflitto, ed evidenziano altresì la faziosità e superficialità dell’autore.
Evitando di commentare il sarcasmo e la derisione con cui ci si riferisce alla parte palestinese o araba in generale, questo breve intervento vuole fare chiarezza su tappe fondamentali nella storia del conflitto.
Sostenere che Israele è uno stato pacifico costantemente minacciato dal terrorismo palestinese e che ha il diritto di difendersi è una menzogna. La realtà storica è l’esatto opposto. Le azioni terroristiche da parte dei gruppi armati ebraici e sionisti precedono la nascita del terrorismo palestinese, e di ciò vi è traccia addirittura negli archivi coloniali del governo britannico. Nel 1944 il ministro inglese per il Medioriente, Lord Moyne, viene assassinato dallo Stern, il maggiore gruppo terroristico sionista insieme all’Irgun. Una delle prime azioni criminose di una lunga serie. La spirale di violenza è stata quindi avviato proprio da Israele e i movimenti sionisti.
Dalla proclamazione dello Stato di Israele (14 maggio 1948) e durante il trentennio successivo il terrorismo israeliano si riversa in particolare nei Territori Occupati dal 1967 con una miriade di atti criminosi contro la popolazione civile palestinese, al punto da richiedere nel 1977 l’intervento indignato dell’Onu con una Risoluzione di condanna che parla chiaro: “L’Assemblea condanna le seguenti politiche e pratiche israeliane: … c) L’evacuazione, la deportazione, l’espulsione, e il trasferimento degli abitanti arabi dei Territori Occupati e la negazione del loro diritto di ritorno – d) L’espropriazione e la confisca delle proprietà arabe nei Territori Occupati – e) La distruzione e la demolizione delle case (arabe) – f) Gli arresti di massa e i maltrattamenti della popolazione araba – g) I maltrattamenti e le torture dei detenuti (arabi)… che sono considerati crimini di guerra e un affronto all’umanità”.

Inoltre, ci si dimentica troppo spesso che Israele attualmente infrange numerose Risoluzioni Onu, come la 242 del 1967, stipulata per il raggiungimento di una pace “giusta e duratura” nella regione e che sanciva l’immediato ritiro militare israeliano dai Territori occupati. Questo non è avvenuto: Israele continua ad occupare e ad espandersi nei territori palestinesi, favorendo massicci insediamenti di coloni e costringendo la popolazione palestinese a vivere in campi profughi sempre compressi.
La volontà dello Stato d’Israele è chiara sin dalla sua fondazione e nulla è stato fatto per ostacolarla anche grazie all’aiuto di fortissimi gruppi di pressione (lobby) e gruppi finanziari, sopratutto statunitensi.
A inizio ‘900, in uno scambio fra un fondatore del movimento sionista ebreo europeo ChaimWeizmann (che sarà il primo presidente d’Israele nel 1948, ndr) e gli allora padroni coloniali inglesi, si legge “Gli inglesi ci hanno detto che in Palestina ci sono qualche migliaio di negri (kushim), che non valgono nulla.”
Il massimo padre del movimento sionista, Theodore Herzl, già prima aveva dichiarato: “Tenteremo di sospingere la popolazione (palestinese) in miseria oltre le frontiere procurandogli impieghi nelle nazioni di transito, mentre gli negheremo qualsiasi lavoro sulla nostra terra… Sia il processo di espropriazione che l’espulsione dei poveri devono essere condotti con discrezione e di nascosto…”.
Il leader storico sionista, Ben Gurion, aveva redatto il piano ‘Dalet’ per la completa ‘pulizia etnica’ della Palestina ben prima dell’arrivo in Palestina dei profughi dai Campi di Sterminio tedeschi. Nel suo stesso diario, Gurion scrisse: “C’è bisogno di una reazione brutale. Dobbiamo essere precisi su coloro che colpiamo. Se accusiamo una famiglia palestinese non c’è bisogno di distinguere fra colpevoli e innocenti. Dobbiamo fargli del male senza pietà, altrimenti non sarebbe un’azione efficace”.
E’ decisamente più ‘tollerante’ la seguente dichiarazione dell’ex premier israeliano Ariel Sharon, rilasciata alla stampa europea: “Non c’è Stato ebraico senza la cacciata dei palestinesi e l’espropriazione della loro terra.”
Il progetto del genocidio era già ben evidente nelle parole dei padri fondatori dello Stato ebraico ed evidentemente continua, sempre con più forza e determinazione.

In conclusione, la Storia può aiutare ad interpretare e a sancire le colpe di una e dell’altra parte, dagli attentati dell’Olp alla sistematica pulizia etnica di una terra che Israele ha sempre considerato terra nullius.
Solamente una forte volontà politica di un Occidente finalmente libero dalle pressioni di gruppi lobbistici e finanziari e una decisa azione di boicottaggio ed embargo nei confronti di Israele riuscirà a risolvere un conflitto che macchia quella terra di troppo sangue innocente.

Fonti:
– The Ethnic Cleansing of Palestine, Ilan Pappe, 2007, Kindle Edition.
– ONU: La questione palestinese. General Assembly resolutions 32/91 C of 13 December 1977 &
Commission on Human Rights resolution 1 (XXXIII) of 15 February 1977.
– Perché ci odiano, Paolo Barnard, Bur Rizzoli, 2006.

Ascolta il brano intonato: John Lennon, Give peace a chance

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Fabio Zangara



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