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Sul tema dell’acqua è utile continuare a parlare. Recentemente ad H2O vi sono state occasioni importanti di approfondimento. Quello dell’idrico è un settore a elevato fabbisogno di investimenti il cui finanziamento è stato storicamente sostenuto da contributi pubblici erogati dalle amministrazioni centrali e periferiche, talvolta anche messi a disposizione dalle istituzioni comunitarie, accanto alle risorse reperite dai gestori. Tra i vari studi sul tema merita una particolare citazione quanto elaborato e presentato da RefRicerche. Ne sintetizzo i contenuti sul consistente fabbisogno di investimenti da un lato, e l’esigenza di finanziare quegli investimenti.
Secondo una stima basata sulla pianificazione vigente il fabbisogno del settore per i prossimi 30 anni sarebbe di circa 70 miliardi di euro, stima peraltro sottostimata secondo gli analisti di Ref e certamente ben lontana dagli 80 euro/abitante/anno che si investono mediamente nei paesi Ocse. Serve una scala finanziaria efficiente nel servizio idrico, dice Ref. Il finanziamento delle opere del servizio idrico dovrà poter contare sull’apporto di risorse da parte di privati: istituti di credito, fondi pensione, assicurazioni, fondi infrastrutturali. Per le realtà minori una serie di strumenti finanziari, quali mini bond e hydro bond, non conosce ancora un adeguato sviluppo. La finanza di progetto presuppone dimensioni apprezzabili e una solida cultura finanziaria e manageriale. Consolidamento e capacità di fare rete sono gli ingredienti di un percorso di ricerca della scala finanziaria “efficiente”. Possono sembrare temi complessi e lontani dai cittadini, ma in verità rappresentano il cuore del problema per una corretta gestione del ciclo idrico integrato.

Tradizionalmente gli investimenti nel settore idrico hanno potuto contare principalmente sul sostegno di contributi pubblici, un apporto di risorse contrattosi nel tempo che, ragionevolmente, non sarà sufficiente a fronte dell’ingente fabbisogno del settore nei prossimi anni. Sarà dunque sempre più necessario favorire l’intervento di finanziatori privati e ricorrere agli strumenti più adeguati presenti sul mercato per colmare il deficit di investimenti che caratterizza il servizio idrico integrato in Italia. Per finanziare le infrastrutture, osservano gli analisti, le aziende possono ricorrere a capitale di debito. Una prima via possibile, in questo caso, è quella della finanza aziendale (credito bancario, prestiti obbligazionari), in cui “la garanzia del creditore è l’insieme dei flussi di cassa dell’impresa e viene monitorato il rapporto tra debito e patrimonio netto, tra margine operativo lordo, oneri finanziari e debito”. Nel caso del credito bancario, l’accesso è fortemente limitato per le piccole gestioni, in particolare quelle monoservizio; sono soprattutto le grandi aziende, adeguatamente strutturate e patrimonializzate, a beneficiare del credito bancario, con rare eccezioni. Per le realtà minori, che incontrano difficoltà ad accedere al credito, si è aperta negli ultimi anni la via dei mini bond e hydro bond. In alternativa alla finanza aziendale, si può ricorrere alla finanza di progetto , che implica “un elevato livello di indebitamento in rapporto al patrimonio netto” e assume il flusso di cassa dell’opera a garanzia del rimborso.
Può essere attivata per un singolo progetto o per un insieme di opere afferenti a un’unica concessione (concession finance). “A causa del maggiore rischio connaturato allo strumento – spiegano gli analisti di Ref Ricerche – il project finance è un canale di finanziamento riservato a istituti di credito o a investitori con un mandato di sostegno agli investimenti nei settori di pubblica utilità”. Infine i project bond, obbligazioni destinate a finanziare progetti infrastrutturali di pubblica utilità che possono essere emessi dai concessionari di infrastrutture e servizi e dalle società titolari di un contratto di partenariato pubblico-privato. I project bond possono anche essere utilizzati come modalità di rifinanziamento del project financing quando le opere sono già realizzate. Questi strumenti, spiegano gli analisti, “non hanno ancora trovato sviluppo, principalmente perché più onerosi rispetto alle emissioni di obbligazioni in ragione della necessità di un rating del progetto. Gli investitori istituzionali sembrano poi non gradire molto il progetto in fase di costruzione laddove il merito di credito è ancora inferiore al giudizio di investment grade”.
Sono temi complessi da seguire e forse di alta finanza, ma vanno considerati seppur nel rispetto di un principio cardine: l’acqua è un bene primario, legato all’ambiente, alla salute e alla vita dell’uomo, su cui è necessario affermare il controllo pubblico: dunque, la proprietà pubblica dell’acqua è un principio inderogabile. Non è un prodotto commerciale, bensì un patrimonio che va protetto difeso e trattato come tale .
A titolo esemplificativo ripropongo gli investimenti prioritari per il settore acquedotto ed a seguire quelli per fognatura e depurazione.
Con riferimento al solo settore acquedottistico, si evince un fabbisogno in termini di aumento della sicurezza del rifornimento e di contributo alla tutela quantitativa degli acquiferi. Bisogna raggiungere e mantenere nel tempo un livello appropriato di riserva di potenzialità degli impianti di produzione rispetto ai valori attuali e a quelli previsti di domanda; bisogna favorire la differenziazione delle fonti primarie utilizzate, mediante la valorizzazione delle risorse disponibili localmente, lo sviluppo di nuove fonti di rifornimento da acque superficiali, una maggiore integrazione delle diverse reti di adduzione principale; ma soprattutto è necessaria una tutela più rigorosa della qualità degli acquiferi mediante la gestione controllata degli emungimenti e delle aree di salvaguardia. Per quanto attiene invece gli investimenti prioritari in fognatura e depurazione si rendono necessari notevoli investimenti infrastrutturali sugli impianti di depurazione e sulla razionalizzazione delle fognature, privilegiando sistemi di collegamento sovracomunali. Nei territori vi è spesso un elevato numero di piccoli agglomerati che necessitano opportuni adeguamenti; si deve promuovere un graduale incremento degli investimenti nel settore depurazione destinati a tale voce. Si registra infatti spesso un certo ritardo rispetto ai limiti temporali fissati dalla normativa.

In grande sintesi servono interventi per razionalizzare, potenziare e migliorare la qualità della rete acquedottistica; per razionalizzare ed adeguare il sistema depurativo; per adeguare gli scarichi, ai sensi della Dgr n.2241/2005; per migliorare l’efficacia del servizio di reti acquedottistiche e fognarie ; per eseguire lavori urgenti di mantenimento ed emergenza, con particolare riguardo alle opere fognarie e depurative e alla riduzione delle perdite negli acquedotti; per completare il sistema informativo territoriale delle reti e degli impianti destinati all’erogazione del servizio idrico integrato. Insomma c’è molto da fare.

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Andrea Cirelli

È ingegnere ed economista ambientale, per dieci anni Autorità vigilanza servizi ambientali della Regione Emilia Romagna, in precedenza direttore di Federambiente, da poco anche dottore in Scienze e tecnologie della comunicazione (Dipartimento di Studi Umanistici di Ferrara).


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it