L’ombra di Franceschini (e degli Estensi) sull’abolizione di Cnel e Equitalia
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di Daniele Lugli
La soppressione dei due enti servirà oppure no? Speranza per il futuro e ricordo di un passato feroce alla corte estense
Mi chiedevo chi avesse avuto l’idea di proporre l’abolizione del Cnel, previsto all’art. 99 della Costituzione: “Il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro è composto, nei modi stabiliti dalla legge, di esperti e di rappresentanti delle categorie produttive, in misura che tenga conto della loro importanza numerica e qualitativa. E’ organo di consulenza delle Camere e del Governo per le materie e secondo le funzioni che gli sono attribuite dalla legge. Ha l’iniziativa legislativa e può contribuire all’elaborazione della legislazione economica e sociale secondo i principi ed entro i limiti stabiliti dalla legge“.
La decisione, a differenza di altre sottoposte al referendum, ha incontrato un vivo successo. Non ne ho visto contestazioni, se non da parte di componenti residui. Il Presidente non è nominato dal 2014, da quando cioè si è parlato di una abolizione del Consiglio. Non avrà dato buona prova, mi sono detto, dalla sua istituzione nel 1957 e anche dopo il riordino del 1986. Chissà se è dipeso dalla qualità dei componenti, dalle procedure, da un insieme di circostanze. Ma sono interrogativi che non sembrano interessare particolarmente i nostri rappresentanti e governanti. Ci si chiede dunque di porre termine a quasi sessant’anni di spese inutili, se non dannose, o c’è qualcosa d’altro che sarebbe bene sapere?
In questi giorni abbiamo appreso dell’abolizione di Equitalia. Dal 1° ottobre del 2006 ha sostituito il precedente sistema di riscossione di tasse e tributi attraverso banche o società private. Bye bye Equitalia – avrebbe detto il Presidente del Consiglio (vedo scritto Premier) – Equitalia era simbolo di approccio vessatorio. La chiudiamo come detto un anno fa. Pagare meno, pagare tutti. Nuove modalità di riscossione dovrebbero favorire i cittadini e sarebbero integralmente svolti dall’Agenzia delle Entrate, che già detiene il 51% delle azioni di Equitalia SpA, mentre il 49% è dell’INPS. Nessuno è in grado dire dove stia il vantaggio. E’ che nonostante gli sforzi per rendersi trendy and friendly, come il Premier sa che i contribuenti vorrebbero, Equitalia si è resa odiosa. Inutili, se non ulteriormente vessatori, gli Sportelli amici, proposti come punti d’ascolto e consulenza al contribuente.
Inutilmente una legge dell’agosto scorso ha concesso più facilità nelle rateizzazioni del debito e diminuito le spese di riscossione. Inutile pure il recente libro pubblicato il primo settembre. E’ un libro di 104 pagine (si trova on line) EQUITALIA 2016, UN NUOVO SERVIZIO AL PAESE. Si apre con una citazione di Adam Smith: “Il tempo del pagamento, le modalità con cui il pagamento deve essere effettuato, l’esatta quantificazione della somma da pagare dovrebbero essere tutti chiari e semplici per il contribuente e per ogni altra persona [… perché] ogni imposta deve essere riscossa nel tempo e nel modo in cui è più probabile che sia comodo per il contribuente pagarla“. E l’Amministratore delegato conclude così la sua introduzione: “È dall’equità che passa la strada che porta all’efficienza. Ed è riscuotendo fiducia, innanzitutto, che potremo riscuotere anche le risorse per un Paese più equo. Niente da fare Equitalia deve sparire“.
E’ a questo punto che mi sono ricordato com’è nato il nostro castello. La sua costruzione è iniziata nel 1385 per offrire un sicuro rifugio agli Estensi, ancora spaventati dall’insurrezione popolare contro vessatorie tassazioni, placata solo con l’estinzione di CNEL e Equitalia dell’epoca. Erano allora entrambi incarnati dal giureconsulto Tommaso da Tortona, che da sette o otto anni era il consigliere del marchese e il responsabile della riscossione delle gabelle. Il suo nome era divenuto sommamente inviso. Senza consultazione popolare, di esito peraltro scontato, senza possibilità di essere inglobato in altra struttura, fu perciò sacrificato. Ricorda Chiappini che il disgraziato Tommaso, non senza aver prima messo in pace con Dio l’anima sua, venne consegnato alla folla inferocita, che, afferratolo e malmenatolo, lo ridusse in tanti pezzi, bruciandone poi alcuni sul rogo dei libri pubblici gettati alle fiamme, issandone altri su canne in segno di trionfo e dando gli intestini da mangiare a uomini, cani ed uccelli. I tempi sono fortunatamente meno feroci e possiamo sperare che qualcosa di buono e bello derivi dalla soppressione dei due Enti. In fondo è stato così per il Castello. Forse i provvedimenti non hanno nessuna connessione, ma se ci fosse ci vedrei il suggerimento del Ministro dei beni e delle attività culturali, buon conoscitore della nostra storia e dei suoi insegnamenti.
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Redazione di Periscopio
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