Lo guardavano come un marziano, lo guardavano da sotto i portici di piazza San Pietro, dove avevano trovato riparo dal temporale. Tutti a cercare di capire cosa ci faceva quell’uomo armato di macchina fotografica sotto la pioggia, cosa trovava di così interessante in quelle pozzanghere, che indagava chinandosi, girandovi attorno e scattando come fosse ispirato da visioni invisibili agli occhi altrui. Performance o follia? Né l’una nell’altra, bensì il lavoro di un artista fotografo, Adolfo Brunacci. Ha scattato 500 immagini, novanta delle quali raccolte in un libro da cui prende il nome la sua mostra “Rumon – all’inizio fu l’acqua’, in svolgimento dal 4 giugno al 4 luglio allo stadio Domiziano di Roma. I trenta scatti in esposizione sono un omaggio alla bellezza, un esercizio di stile sui riflessi restituiti dalla pioggia imprigionata nei tanti avvallamenti delle strade e dalle fontane romane. Alla fisarmonica di Daniele Mutino è stata affidata l’inaugurazione (alle 18.30 del 4 giugno), le note del compositore, diffuse in uno degli spazi archeologici ed espositivi tra i più suggestivi della città, collocato proprio sotto la più moderna piazza Navona, sono il preludio di un viaggio per immagini dalle quali emerge lo splendore eterno dell’Urbe sottolineato, a tratti, dai versi della poetessa Luci Zuvela.
Brunacci racconta una città senza tempo, cresciuta intorno all’acqua del Tevere, illuminata da una luce speciale, unica al mondo. “Ho fatto chilometri a piedi aspettato il momento giusto per cogliere tra la pioggia e le improvvise schiarite il lato estetico più affascinante. Dentro a una pozza c’è un mondo, c’è il viaggio di un viandante allo scoperta di Roma”, racconta Brunacci, toscano d’orgine romano d’adozione, abituato per anni a costruire in studio immagini che gli hanno fruttato l’etichetta di fotografo pittorealista – surrealista, definizioni coniate dalla critica specializzata per descriverne le opere. Ma è passato tanto tempo da allora e lui, chi lo conosce sa, è un artista ‘in progress’ e a piedi. Pronto a fare chilometri per carpire segreti on the road. “Da allora il mio modo di fotografare è cambiato, l’estetica resta l’obiettivo della ricerca, ma tutto si è spostato sulla strada – spiega – Un tempo fotografavo quello che pensavo, ora quello che vedo”. Per Brunacci, conosciuto nel mondo della foto ‘glam’ italiana e straniera, della pubblicità, per anni firma di punta di Playboy con una solida esperienza di graphic design e video clip, la macchina fotografica resta il mezzo per creare quello che il cuore, la mente e la cultura riescono a plasmare. Ieri come oggi.
“La mostra, tratta dal libro arricchito dalle poesie di Luci Zuvela, che hanno saputo richiamare la voce antica del Tevere e le sue leggende, racconta la parte migliore di Roma – spiega – Le buche, della cui mancata manutenzione i romani sono i primi a lamentarsi, assumono un significato diverso. Sono mondi a se stanti, da esplorare, da inquadrare e fermare in un gioco di luce e stati d’animo”. In poche parole, bisogna saper cercare la bellezza nei luoghi inaspettati. Roma è ricca di spunti, carica di contraddizioni, popolata dalle etnie più diverse, animata dalle più strane proposte e contemporaneamente stritolata tra nuove e vecchie povertà che, neanche a farlo apposta, vivono in strada. Il regno creativo di Adolfo Brunacci da tempo impegnato nel declinare i tanti volti di un progetto di cui “Rumon- all’inizio fu l’acqua” è il primo tassello. Di strada.
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Monica Forti
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