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9 maggio 1978: viene assassinato Peppino Impastato

Giuseppe Impastato, conosciuto da tutti come Peppino, nasce a Cinisi, in provincia di Palermo nel 1948. La famiglia Impastato è legata a Cosa Nostra, la nota mafia siciliana: il padre Luigi fu mandato al confino durante il fascismo per il legame mafioso, come questo anche lo zio e molti parenti erano mafiosi, addirittura il cognato del padre, Cesare Manzella, era il capomafia del paese.
Fin da piccolo Peppino sente di non appartenere a quel mondo che la famiglia rappresenta. Entra in contrasto con il padre e i suoi valori molto giovane. Questo, rotti i rapporti con il figlio, lo caccia di casa ancora minorenne.

Peppino trova ospitalità per sé e le proprie idee nella politica di sinistra. A diciassette anni, nel ’65, fonda il giornale ‘L’idea socialista’ con alcuni amici, tutti appartenenti al PSIUP (Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria). Da militante comunista Peppino nel giro di pochi anni ricopre il ruolo di dirigente nelle attività delle nuove formazioni comuniste, come Il manifesto e, in particolare, Lotta Continua. A inizio anni ’70 il ragazzo ancora giovane è già un esponente importante della sinistra rivoluzionaria ed extraparlamentare. La politica da una parte e la lotta alla mafia dall’altra, il giovane Impastato comincia a diventare un problema per le famiglie mafiose del luogo.

Nel 1975 con alcuni compagni e amici conosciuti durante gli anni di militanza politica fonda Musica e cultura, che svolgerà attività culturali libere ed indipendenti sul territorio. Questo stesso gruppo di ragazzi, dopo la prima  esperienza, decide di fondare nel 1977 Radio Aut, una radio libera autofinanziata.
Con il microfono Peppino si dimostra da subito abilissimo. Il suo programma “Onda pazza a mafiopoli” è il più seguito di tutta la radio. Con tono satirico Peppino denuncia in diretta delitti e affari della mafia locale, e in special modo del nuovo capomafia Gaetano Badalamenti (chiamato sarcasticamente «Tano Seduto» ). Deridendo e sbeffeggiando mafiosi e politici il trentenne si fa tanti nemici potenti decisi a chiudergli la bocca. Nonostante le costanti minacce e pressioni, Peppino nel 1978 si candida nella lista di Democrazia Proletaria alle elezioni comunali.
Purtroppo Peppino non avrà mai modo di vedere il risultato di quelle elezioni. Verrà assassinato a campagna elettorale ancora in corso questo stesso giorno, la notte del 9 maggio, su commissione di Badalamenti.

Il cadavere viene ritrovato alle prime luci dell’alba. Il corpo esanime era stato adagiato sui binari della ferrovia Palermo-Trapani, con una carica di tritolo sotto il suo corpo, il tutto per simulare un attentato. Stampa, forze dell’ordine e magistratura inizialmente sostengono che Peppino sia morto per un incidente preparando l’attentato. In un secondo momento però una lettera ritrovata a casa dalla zia, nella quale nulla però veniva scritto a proposito, fa parlare i magistrati di suicidio.
La stampa lascia passare la notizia in secondo piano. La stessa notte, a centinaia di km di distanza, in via Caetani a Roma viene ritrovato il corpo di Aldo Moro, capo della democrazia cristiana.

La madre Felicia Bartolotta e il fratello Giovanni non credono alle ipotesi del suicidio. Da subito rompono pubblicamente con la parentela mafiosa e si adoperano per la ricerca della verità sulla morte di Peppino. Denunciano pubblicamente l’assassinio di matrice mafiosa, riempiono la città di manifesti e attaccano direttamente, facendo nomi e cognomi, i presunti mandanti. Insieme al centro siciliano di documentazione e alcuni compagni di democrazia proletaria si riesce a far riaprire il caso più volte.
Nonostante la corruzione e gli impedimenti a inizio 2000 arrivano le condanne. Per primo tocca a Vito Palazzolo, braccio destro del boss Badalamenti, condannato a trent’anni dalla Corte di Assisi. Dopo un anno, ad Aprile 2002, la seconda condanna. Il boss mafioso Gaetano Badalamenti viene riconosciuto mandatario di quello e altri omicidi, colpevole viene condannato all’ergastolo.

Peppino è rimasto un esempio seguito da molti. Il suo coraggio di denunciare, combattere e ribellarsi anche a costo di perdere la vita ancora oggi insegna. Ha dimostrato come la lotta alla mafia non sia solo questione di legalità e giustizia, ma sociale prima di tutto. Peppino ha combattuto come militante comunista contro una mafia a servizio degli affari della borghesia e con un forte sentimento anticomunista. In lui si legavano lotta di classe e lotta alla mafia, due facce della stessa medaglia.  A lui sono dedicati molti film e canzoni, tra cui il più famoso ” I cento passi”, intitolato così per i “cento passi” che realmente separavano casa sua da quella di Tano Badalamenti. Il Centro Peppino Impastato lavora ancora oggi con lo  scopo di sviluppare la conoscenza del fenomeno mafioso e di altri fenomeni ad esso assimilabili, combatte tali fenomeni e aiuta concretamente le famiglie vittime di questa piaga.
La tomba di Peppino a Cinisi è diventata una meta di pellegrinaggio, e sfoggia un epitaffio che recita:

Rivoluzionario e militante comunista – Assassinato dalla mafia democristiana

Foto di copertina: wikimedia commons

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Filippo Mellara

Abito a San Lazzaro (BO) e sono uno studente universitario di scienze della comunicazione. Impegnato socialmente nel cercare di creare un futuro migliore, più equo e giusto per tutti. Viaggiatore nel mondo fisico e spirituale, ritengo che la ricerca del sé sia anche la ricerca del NOI. Cresciuto tra Stato e Rivoluzione e Bertolt Brecht.


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