14 marzo 1972
è morto Giangiacomo Feltrinelli
É mattina quando ai piedi di un traliccio dell’alta tensione alla periferia di Milano viene trovato un corpo carbonizzato. Ad arrivare per primo sul posto dopo la chiamata è il giovane commissario di polizia Luigi Calabresi, conosciuto da tutti per le indagini sulla strage di Piazza Fontana. In una tasca del vestito da guerrigliero, parzialmente bruciato per l’esplosione, i documenti di Vincenzo Maggioni. Il corpo viene portato all’obitorio, subito i primi controlli, ma qualcosa non torna. Poco più di 24 ore, poi il riconoscimento, quello è Giangiacomo Feltrinelli.
Feltrinelli, Marchese di Gargnano, giovanissimo partigiano, fondatore dell’omonima casa editrice, intellettuale comunista e fondatore del Gruppo d’Azione Partigiana (GAP) è morto.
La morte è assurda, intrisa di domande senza risposta. La prima ricostruzione parla di un incidente. Durante il tentativo di piazzare un ordigno esplosivo fuori il traliccio dell’ENEL per sabotare il congresso del PCI un innesco sbagliato avrebbe causato la morte dell’intellettuale. A supporto di questa tesi nelle tasche tre mazzi di chiavi, di altrettanti covi di brigatisti.
Qualcosa non convince.
Perché Feltrinelli, fondatore del GAP che credeva nella guerriglia stile ‘Che Guevara’ avrebbe aderito alle linee delle BR che non aveva mai supportato?
Com’è possibile che i brigatisti, tanto attenti all’estrema segretezza dei propri covi di carcerazione dei quali manco i capi conoscevano tutte le posizioni avrebbero lasciato tutto il mano a un solo uomo?
In più Feltrinelli, che dal ’69 si era rifugiato in clandestinità in Austria per sfuggire alla morsa dei servizi segreti, non avrebbe avuto motivo di correre un tale rischio compiendo un gesto così imprudente.
Da subito questi e altri dubbi vengono sollevati da tanti, tra cui intellettuali e nomi importanti della scena. Eugenio Scalfari e Camilla Cederna sono i primi a scrivere senza paura sul manifesto che Feltrinelli era stato assassinato. L’ipotesi è che l’editore sia stato aggredito e successivamente fatto esplodere per depistare le indagini. Alla luce di questi dubbi la domanda è solo una: chi lo voleva morto?
In molti nel tempo hanno definito Feltrinelli un ‘uomo (politicamente) scomodo’, tanto che l’intelligence di diversi paesi lo tenevano sotto stretto controllo. Dai servizi segreti italiani alla CIA fino a quelli Israeliani, il Mossad. Proprio su questi ultimi si accendono i riflettori. Feltrinelli, forte simpatizzante (e segretamente finanziatore) dell‘Organizzazione per la liberazione della Palestina (OLP) aveva conosciuto personalmente alcuni importanti membri della stessa, e per questo era entrato nel mirino dei servizi segreti israeliani.
“A uccidermi sarà il Mossad”, disse una volta all’ex partigiano e amico Giambattista Lazagna.
In quegli anni il Mossad, con una base proprio a Milano, era attivissimo in Italia, con attività che comprendevano anche il killing. Ne è un esempio l’omicidio proprio nel ’72 dell’intellettuale palestinese Zwaiter Abdel Wail.
Il caso viene comunque archiviato, i colpevoli mai trovati.
Nel 2012 nuovi processi fanno emerge importanti prove che riporteranno in auge la tesi dell’omicidio.
Il magistrato Guido Viola che allora giovanissimo condusse le indagini consegna una pesante rivelazione: i carabinieri fecero pressioni sull’allora procuratore generale di Milano, Enrico De Peppo, perché il primo magistrato Bevere incaricato di indagare sulla morte di Feltrinelli fosse sostituito perché “troppo di sinistra”.
Il coinvolgimento di Stato, carabinieri o servizi segreti è sempre più sicuro.
Il Corriere della sera per primo lo scrive, citando una perizia ignorata dalla magistratura firmata dai medici legali, i quali rivelano che “alcune delle lesioni riscontrate sul cadavere di Giangiacomo Feltrinelli non possano e non devono essere ascritte ad esplosione”.
Le ferite “sfalsate nel tempo” lasciano poco spazio all’interpretazione, riconducono con certezza a un pestaggio.
La rilettura dei nuovi documenti non fu sufficiente secondo la magistratura, l’inchiesta non fu riaperta. La morte di Feltrinelli rimane una pagina nera nella nostra storia non ancora conclusa. Come sui casi di Piazza Fontana o di Ustica, anche sull’omicidio dell’editore una cosa è chiara: lo Stato risulta in qualche modo coinvolto.
Sarà la terza moglie Inge Schonthal pochi mesi prima della morte, nel 2018, a dichiarare:
“La morte di mio marito fu un omicidio politico: Giangiacomo sapeva di Gladio. Era un uomo scomodo. Troppo scomodo, troppo libero, troppo ricco; troppo tutto. Era tenuto d’occhio da cinque servizi segreti, inclusi Mossad e Cia. E ovviamente quelli italiani. Forse sono stati loro. Lui sapeva di Gladio e dei loro depositi di esplosivi. Temeva un golpe di destra; e non era una paura immaginaria”.
Cover: L’ultima carta d’identità falsa di Giangiacomo Feltrinelli / Vincenzo Maggioni.
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