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Tra i tanti modi in cui viene interpretata una fede, uno solo corrisponde alla nostra sensibilità moderna: l’idea che esiste uno spazio tra il cielo e la terra. Ognuno è libero di percorrerlo come e quanto crede, ma in termini collettivi quello spazio deve restare ampio: è lo spazio della polis, della vita quotidiana, di ciò che mettiamo in comune e di ciò che ci distingue e rappresenta il modo con cui ognuno sperimenta e costruisce il proprio modo di abitare il mondo.
La società moderna è scaturita da un’acquisizione ormai irrinunciabile: il diritto all’autodeterminazione degli individui. La società moderna nasce con l’idea del libero arbitrio di Lutero e Calvino, poi tende a divenire universale con l’emergere della società commerciale, che intensifica gli scambi tra paesi e avvia il difficile processo comunicazione con altri individui che hanno altre storie e altre culture, ma che – attraverso gli scambi commerciali – fronteggiano l’esperienza dell’interconnessione. Siamo nel Settecento, la spinta verso la libertà di coscienza è sfociata poi nell’idea di società democratica e nella definizione dei principi che la sorreggono: dalla separazione dei poteri, ai sistemi di garanzie, dai principi di rappresentanza al diritto di esprimere liberamente le proprie opinioni. Libertà individuale e interconnessione degli individui nel mondo globale sono divenuti elementi fondanti dell’età moderna.
L’acquisizione dell’esistenza di uno spazio necessario tra cielo e terra nella società moderna vale per tutti, anche per coloro che hanno fedi religiose diverse. Ed è l’unica possibilità di convivenza. Per questo le religioni sono tutte legittime, ma il fatto che vengano interpretate annullando lo spazio tra cielo e terra rappresenta un pericolo che va contrastato.
Tra cielo e terra deve restare lo spazio per la cultura, come per i miti e le storie che hanno alimentato la nostra identità. Quindi evviva i Canti di Natale, evviva il Presepe: un Gesù bambino nato povero e che spende la vita per un messaggio di pace non è un cattivo messaggio per i nostri bambini laici immersi in un consumo pervasivo che non consente tempo per nessun desiderio.
Per quanto riguarda gli altri bambini, quelli che appartengono a famiglie con religioni diverse, non è certo fingendo un’equiparazione rispettosa come quella espressa nelle proposte di abolire i simboli religiosi nelle scuole, che si pratica l’inclusione.
Serve piuttosto un’educazione alla responsabilità individuale, un approccio critico che esalti la capacità di discernere, l’uso di un metodo razionale da applicare ad ogni questione – personale o pubblica – la pratica di una comunicazione argomentativa, una modalità di espressione non urlata.
Ma diciamo la verità: il rispetto delle altre credenze religiose è un pretesto. L’argomento dell’abolizione dei simboli religiosi è utilizzato per affermare un laicismo sterile. Educare a ideali laici non significa passare colpi di spugna, crescere i bambini lontano da simboli anche religiosi.
L’idea che l’identità moderna si affermi oggi con l’appiattimento del mondo non è solo irrealistico, è l’equivalente dell’anomia, non insegna la convivenza tra diversi ma alleva individui senz’anima (termine che uso nel senso più laico possibile, non appartenendo ad alcuna fede religiosa).

Maura Franchi è laureata in Sociologia e in Scienze dell’educazione. Vive tra Ferrara e Parma, dove insegna Sociologia dei consumi presso il Dipartimento di Economia. Studia le scelte di consumo e i mutamenti sociali indotti dalla rete nello spazio pubblico e nella vita quotidiana.
maura.franchi@gmail.com

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Maura Franchi

È laureata in Sociologia e in Scienze dell’Educazione. Vive tra Ferrara e Parma, dove insegna Sociologia dei Consumi, Social Media Marketing e Web Storytelling, Marketing del Prodotto Tipico. Tra i temi di ricerca: le dinamiche della scelta, i mutamenti socio-culturali correlati alle reti sociali, i comportamenti di consumo, le forme di comunicazione del brand.


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