Rubrica a cura di Fabio Mangolini e Francesco Monini
Quarto appuntamento con Lo Cunto de li Cunti. L’amico Sergio Kraisky, ‘romano de roma’ di chiara ascendenza russa – ricordiamo le avventure dell’immigrato Dimitrij a New Kayrom, la prima grande megalopoli interetnica del mondo, nel suo New Kayrom, Derive e Approdi, 2003 – regala a Ferraraitalia un suo racconto inedito, scritto proprio in queste settimane di virale semi-clausura. Ovviamente I tetti del racconto sono quelli della Capitale, tetti popolati (in tutto il mondo ma a Roma in modo del tutto speciale) da gatti randagi come da gatti domestici in libera uscita. Sembra infatti che i nostri cugini felini non patiscano affatto la libertà vigilata che la pandemia ha imposto agli umani. Il presente, delizioso, racconto ne costituisce una ulteriore prova. Buona visione, buona lettura e buon ascolto.
(I Curatori)
Sergio Kraisky, Su per i tetti (maggio 2020) – Letto da Francesca Alacevich e Andrea Barsotti
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SU PER I TETTI
Sono giorni di silenzio, solo raffiche di vento scuotono i vetri delle finestre esposte a nord. Di solito a Roma il brontolio sordo del traffico domina sugli altri suoni, ma da due settimane non più. E i cani non abbaiano più. Perché non abbaiano? Questo è un vero mistero del regno animale. In genere è difficile capire quali sentimenti covino dietro il silenzio immobile di una popolazione umana rintanata in casa, in attesa di essere liberata e desiderosa di vendetta. Perché, svanita la paura, qualcuno dovrà pur pagare per tutto questo. E forse anche gli animali annusano l’aria e ne approfittano, cambiano umore e abitudini.
Nicola si rade davanti allo specchio del bagno e si contempla i baffi: non sono più di un bel rosso fulvo, da alcuni anni prevale una netta sfumatura arancione. Ma almeno spezzano il pallore di una faccia costretta a una clausura innaturale. Baffi autunnali, carichi del fascino dell’autunno, pensa. E gli viene da ridere mentre si chiede se Angela lo ami solo per i suoi baffi o se invece lo amerebbe anche se lui un giorno si presentasse a lei con le labbra disadorne. Cosa accadrà il giorno in cui l’arancione finirà col cedere il passo a un pallido biondo canuto. Dovrà tingerseli? Pensieri oziosi possibili solo in giorni di tempi dilatati.
Angela adora i gatti, specialmente quelli rossi. Aveva appena finito di mostrargli sullo smartphone una carrellata di cuccioli di gatto e ancora una volta aveva espresso un desiderio antico: “Per avere un paio di questi gattini rossi darei di tutto.”
“Forse potrebbe bastare anche un solo gatto” aveva osservato Nicola.
“Sì. Potrebbe bastare”. Ma è solo un modo di dire, lo sanno entrambi. Era finita così, con una tacita intesa su una delle tante fantasie ricorrenti che è così bello comunicarsi invece di lasciarle lì a marcire.
Poi all’improvviso: “Nicola! Corri!”
Lui ha appena finito di radersi e teme qualche sciagura. Di questi tempi si è sempre in allarme, è uno stato d’animo difficile da scuotersi di dosso. Esce dal bagno di corsa, la faccia ancora gocciolante. In ingresso Angela contempla a bocca aperta un gatto rosso, non più cucciolo ma non ancora adulto, un adolescente curioso e ingovernabile, che annusa tutti gli angoli della casa, compresi i piedi di Nicola e tutte le scarpe allineate in ingresso.
Ma Angela è più eccitata e ingovernabile del gatto. Ha le guance rosse, gli occhi che brillano di una luce mistica.
“Come ha fatto a entrare?” chiede Nicola.
“Ero in camera da letto. Mi stavo vestendo e la finestra era aperta. Poi l’ho visto. Camminava avanti e indietro sul tetto, subito sotto il davanzale, e mi guardava. Allora gli ho chiesto se voleva entrare.”
“Ah! E lui ha risposto di sì, immagino.”
“Sì. E infatti è entrato. Ma non capisco come ha fatto ad arrivare fino al sesto piano.”
“Non lo chiedere a me – fa Nicola – E poi come ha fatto a raggiungere il tetto?”
“Ma capisci che cosa è successo? Avevo appena espresso il desiderio di un gatto rosso e dopo dieci minuti lui mi si incarna davanti alla finestra della camera da letto.”
“Già. Una specie di magia. Ma adesso dov’è?”
Lo cercano in giro tra l’ingresso e il salotto, ma sembra sparito. Alla fine lo scoprono mentre esamina e annusa a una velocità forsennata il bagno, la cucina, si infila sotto i mobili, i divani, corre in salotto, tenta di entrare in camera da letto, torna in ingresso e poi li guarda con insistenza, come in cerca di spiegazioni.
“Deve mangiare” decide Angela e si precipita in cucina. Nicola e il gatto rosso, rimasti soli in ingresso, si studiano, immobili. Il pelo del gatto ha un colore più giovanile dei baffi di Nicola, ma a ben vedere, data la differenza di età, potrebbe essere un fatto normale. E se avessero scoperto un legame di parentela?
“Adesso però deve uscire – fa Nicola – Questo è un gatto abituato a vivere in libertà. Portalo giù nel giardino del condominio e poi lui troverà la sua strada.”
“D’accordo, ma si capisce dal pelo che è un gatto domestico. Infatti non ha fame, deve avere già fatto colazione. Ha una casa sua, i suoi padroni, ma è troppo interessato a esplorare i dintorni. E poi non ha paura di noi. Quindi per un po’ può anche restare qui.”
“Brava. In un attimo sei riuscita a carpire vita e segreti di questo gatto. Però io dico che abbiamo già abbastanza problemi in casa, mille cautele, virus, contagi. Se vuole può restare giù in giardino e noi gli porteremo ogni tanto da mangiare, ma poi sarà lui a decidere. Non possiamo costringerlo a restare qui.”
“D’accordo. Deciderà lui. Però intanto troviamogli un nome.”
“Non capisco che fretta c’è di trovargli un nome. Intanto vediamo come si trova giù in giardino.”
Angela non risponde, ha fiducia nelle sue capacità seduttive. Se lo nutre e poi lo abitua alla giusta dose di carezze è convinta che diventerà un gatto da giardino condominiale. A lei basterà scendere i sei piani. Poi un passo per volta, subdolamente, si stabilirà a casa loro. E’ una strategia che ha bisogno solo di tempo e sapienza tattica.
Mentre si prepara per scendere in giardino continua a mormorare tra sé che è un miracolo caduto dal cielo direttamente sul tetto di casa. Nicola invece continua a chiedersi come ha fatto quel gatto ad arrivare fino al sesto piano e poi arrampicarsi fino al tetto del mansardato. Nel frattempo il gatto si accorge che la porta d’ingresso è rimasta socchiusa e a piccoli passi, guardingo, esce sul pianerottolo. Nicola lentamente gli chiude la porta alle spalle per vedere come reagisce. Allora quello si mette a miagolare con quell’urlo basso e prolungato che emettono i gatti quando si sentono in trappola. Un urlo sinistro che risuona per la tromba delle scale, un lamento da far accapponare la pelle. Nicola riapre in fretta la porta di casa e il gatto svicola dentro come un fulmine. Lo guarda a lungo, con gli occhi sbarrati, poi si calma e ricomincia ad annusare in tutti gli angoli dell’ingresso con la solita frenesia.
Adesso Angela è pronta. Con un berretto rosso e il piattino di carne avanzata in mano apre la porta d’ingresso e scende le scale impavida, senza guanti né mascherina, inseguita immediatamente dal gatto.
“Mi raccomando, prudenza!” le grida dietro Nicola dalla tromba delle scale.
Sono passati dieci minuti e Nicola non capisce perché Angela non sia ancora tornata. Decide di scendere anche lui, indossa guanti e mascherina e la cerca in giardino ma non trova né lei né il gatto. Allora si avvia lungo il viale condominiale e dopo un po’ incontra un anziano vicino di casa appoggiato al muretto. Indossa anche lui la mascherina:
“Per caso ha visto mia moglie?” gli chiede.
“Sì, è passata per di qua proprio ora. Era inseguita da un felino.”
Parla come se fossimo nella jungla, pensa Nicola. Alla fine la trova in un angolo remoto del giardino, nascosta da un cespuglio, che accarezza il gatto rosso mentre quello mangia.
“Sono una donna felice. Si è realizzato un sogno. Ma ti rendi conto?” e lo guarda radiosa.
Nicola non sa se essere contento o preoccupato. Preoccupato per la moglie, per se stesso. Sa che i gatti non possono essere contagiosi, ma ti possono complicare la vita. E poi tutta quella faccenda ha qualcosa di innaturale se non proprio di soprannaturale.
“Questo è un segnale che stiamo uscendo dall’emergenza – continua lei estatica accarezzando il gatto – I sogni si realizzano uno alla volta, questo è solo l’inizio di un nuovo ciclo. Presto potremo tutti starcene chiusi a casa solo se ne avremo voglia, proprio come lui. Oppure andarcene a spasso per i tetti”.
“Io non ci tengo a andare a spasso per i tetti” dice Nicola.
Ma lei lo ignora e continua ad accarezzare il gatto.
Sono passati tre giorni da allora e il gatto rosso si è ripresentato solo una volta, puntuale per l’ora di pranzo.
“Vedrai che adesso viene per pranzo ogni tre giorni, i gatti sono animali abitudinari. Ormai è uno dei nostri. E poi sembrate parenti! – Angela ride – Ha il colore dei tuoi baffi”.
Nicola sa che non è proprio così, il colore non è esattamente lo stesso, e sa anche che i gatti non sono affatto abitudinari, ma piuttosto molto abili a cogliere l’occasione giusta. Ma in fondo che male c’è a crederlo. E di comune accordo hanno deciso di non dare per il momento un nome a quel gatto. Preferiscono aspettare ancora qualche giorno e stare a vedere. Poi sarà lui a scegliere il suo destino. E quando non saranno più costretti a restare chiusi dentro casa, e magari liberi di andare a spasso per i tetti se lo vorranno, quel gatto potrà avere il nome che si merita.
Sergio Kraisky, Su per i Tetti, Racconto inedito, 2020
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Cover: elaborazione grafica di Carlo Tassi
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