Rubrica a cura di Fabio Mangolini e Francesco Monini
“Siamo in missione da parte di Dio”: chi non ricorda la mitica frase passe-partout che il mitico John Belushi pronunciava nel mitico The Blues Brother? Da allora di acqua ne è passata davvero tanta. il film è del 1980, e il ‘fratello’ John Belushi se n’è andato dopo un paio d’anni, ma – come miracolosamente accade a quei rari manu-fatti che si tramutano in Mito – molte di quelle immagini, e parole, e musiche e gesti sono rimaste impigliate nella nostra memoria collettiva.
Ed è rimasto soprattutto un particolare ‘clima’, una specie di sorriso struggente che solo a volte ci capita di rincontrare. Come ad esempio in questo racconto di Cristiano Mazzoni, ambientato non a Emmaus ma in una taverna contemporanea e dove un Dio in persona strapazza a dovere i suoi moderni apostoli disobbedienti e mette in croce guerre, ricchezze e malefatte di 2.000 anni di Chiesa-Stato.
Legge il racconto Fabio Mangolini. Buon ascolto, buona visione e buon divertimento.
(I Curatori)
Lo Cunto de li Cunti – Cristiano Mazzoni “La taverna di Dio”, letto da Fabio Mangolini
LA TAVERNA DI DIO
In un angolo della piccola sala, ad un tavolo appartato, seduto su una seggiola impagliata, giaceva un uomo, canuto, robusto, di corporatura possente. L’uomo aveva una lunga barba bianca, capelli molto lunghi acconciati con strani dreadlock ante litteram. Era abbigliato in modo strano, sembrava avesse una tunica bianca lunga, con calzari antichi, simili a quelli utilizzati dai romani duemila anni fa. Anche la taverna a dire il vero era strana, si direbbe vintage, utilizzando un vocabolo moderno che però poco si addiceva al luogo. Pochi ed educati avventori, nessuno schiamazzo, musica irriconoscibile in sottofondo, molte caraffe d’acqua e vino sui tavoli, fette di pane ed olio, zuppe di ceci e fagioli. Nessuno che si abbuffasse o che galleggiasse sopra alle righe.
L’uomo, nel tavolo più lontano dal bancone, fumava assorto una pipa, lunga e sottile, davanti a se una piccola caraffa di vino vermiglio ed un bicchiere mezzo vuoto, una fetta di pane intonsa e le posate ordinate a lato del piatto. L’uomo, di cui si capiva l’ascendente ed il carisma, aveva la faccia particolarmente corrucciata, rughe di pensiero ed espressione gli solcavano il viso abbronzato. Con la mano sinistra si sorreggeva la testa, appoggiando il gomito sul tavolo. Fumava talmente lentamente che le braci nella caldaia rischiavano di spegnersi.
Borbottava tra se, sembrava disperato era come se fosse consapevole del suo fallimento, senza conoscerne appieno le ragioni.
« Dove ho sbagliato ? Quando sono diventato l’oggetto, l’arma con cui gli uomini mascherano la propria ottusità e la propria cattiveria ? Si scannano tra di loro da millenni, inneggiando ai miei nomi, mi dipingono su scudi crociati, su mezze lune, sui baveri di nere uniformi, crociate e controcrociate, inquisizione, evangelizzazione, olocausti, religioni di stato e stati religiosi »
« Giuro, se non fossi colui che è, darei ragione a quel ragazzone tedesco, con la barba, che è qui da noi da poco; si la religione è l’oppio dei popoli, il fumo con cui le menti ottuse si inebriano confondendo la morte con la salvezza, l’intolleranza con la tolleranza, il profitto a discapito di tutti e tutto, l’abbruttimento con la bellezza. Blasfemi. Uccidono con tutte le armi visibili ed invisibili, con le bombe intelligenti e sante, con le lame antiche e nuove, col fuoco depuratore, col petrolio ed i soldi, con gli imperi e l’imperialismo. A mia immagine e somiglianza ? ma chi ha scritto questa cazzata ? occhio per occhio dente per dente, per rimanere ciechi e sdentati. Credono di conoscermi, vogliono sapere, mi trasformano in ciò che gli fa più comodo. Se non fossi io, sarei ateo ».
Nel frattempo, altri due uomini, altrettanto fuori dal tempo discutono a bassa voce, quasi sussurrando per non farsi sentire, al bancone del bar. Uno di spalle, sui trent’anni, atletico, capelli lunghi e barba incolta, non fosse stato per la tunica e i sandali sarebbe stato tale e quale al front man dei Doors, Jim Morrison, l’altro altrettanto aggraziato nelle membra ma più anziano, aveva una kefiah sulla testa ed una lunga barba scura.
I due, sembrava non volessero farsi sentire dagli altri, strani avventori della locanda.
« Preparati che fra poco ci chiama e vedrai, quanto sarà incazzato con noi ».
« Lo so, Lui ci ha mandato sulla terra a diffondere il verbo, ma che colpa ne abbiamo noi, se quelli non hanno capito una parola, che sia una. Hanno traviato, stuprato, violentato il nostro esempio. Sono acciecati dalle scritture, sono avulsi nelle loro idee, che non riescono a capire quanto sia bella la diversità, di pensieri parole opere e omissioni. La storia insegna, ma gli uomini sono degli scolari inetti, disattenti ed ottusi».
Nella taverna, si aggiravano nel contempo, con fare rilassato strani personaggi. Un corpulento uomo glabro, abbigliato con una specie di pannolino gigante, parlava roteando ritmicamente le braccia ed indicando punti lontani in un immaginario universo di luce, mentre due avventori lo ascoltano con dedizione. Un indiano metropolitano, raccontava, deluso e rassegnato, fiabe sulla natura, sull’ acqua, sull’ aria, sulla madre terra e sul fuoco, nel paese degli uomini, oramai popolato solo da ombre erranti, disperse tra i fumi di un alcool velenoso.
Sembravano tutte persone importanti, anche se definirle persone era abbastanza riduttivo, se non offensivo, forse blasfemo.
L’interno della locanda era caratterizzato da una luminosità tenue, emessa da antiche lampade ad olio, con una strana caratteristica, non si esaurivano, lo stoppino rimaneva acceso e non si accorciava mai. Tavolini quadrati e tondi apparecchiati in maniera minimal con tovaglie di carta del pane, gialla. Qualche caraffa di vino si perdeva nel mare magno di brocche d’acqua, fresca e talmente limpida da sembrare inesistente.
L’unico vizio che pareva concesso in quel locale, era quello del fumo, che a dir la verità sembra più vapore, non si percepiva infatti lo sgradevole odore del tabacco stantio, ma un salubre aroma salmastro, quasi termale.
« Muhammad, Emanuele, venite qui ! »
Una voce possente, impositiva, saturò l’ambiente dell’osteria. Dopo quel tuono, tutti gli occhi si rivolsero ai due uomini appoggiati al bancone.
« Lo sapevo, questa volta è arrabbiato forte, e pure sono millenni che gli uomini utilizzano il suo o nostro nome per compiere delle immani porcherie » sussurrò a mezza voce uno dei due.
« Siamo qui Padre, ci devi parlare ? »
« Vi devo parlare ? Ma la guardate la TV satellitare oppure state tutto il giorno a cazzeggiare nel limbo ? »
« Ma noi veramente …. »
« Mi piacerebbe sapere che cosa gli avete raccontato a quelli laggiù, ho investito un sacco di forze per farvi studiare, vi ho mandato a mio nome e questo è il risultato ? Guerre sante, guerre di religione, guerre umanitarie, guerre di evangelizzazione, guerre di potere, guerre economiche, guerre per il petrolio, guerre tra razze, guerre tra pastori ed allevatori ed altre mille. Non ci siamo dimenticati che siamo monoteisti vero ? no perché, se così non fosse, al vostro posto avrei mandato giù Marte ! »
« Io ho 99 nomi, sono uno e trino, molti mi aspettano come Messia, altri mi vedono come essere femminile, altri come Budda, altri come il tuono, il magnanimo, come il Creatore, come la luce, ecc. ecc. e noi da quassù solo questo siamo riusciti a creare ? un mondo d’odio ? La tolleranza, la giustizia, la bontà, la pace, ma dove sono finite ? siamo solo chiacchiere e distintivo ? e poi, ma voi lo sapete, che saranno almeno 5 secoli che qui su da noi arrivano più atei che credenti ? abbiamo creato dei mostri che si nutrono dei bambini, altroché i comunisti di una volta …. »
E continua « Col diluvio abbiamo già provato e non abbiamo risolto nulla, ho scacciato i mercanti dal tempio, ma si sono moltiplicati come i Gremlins, le sette piaghe sono diventate sette milioni e niente, Gomorra è più potente che mai; questi sono di capa tosta. Un idea ce l’avrei. Mi incazzo, scendo giù io, tolgo il potere ai potenti e lo consegno nelle mani dei bambini, creo delle infantocrazie e gli adulti intolleranti e tronfi, i capi, i governanti, gli egoisti, i predicatori d’odio, li faccio tutti lavorare in fabbriche di giocattoli. Gli vieto la tessera della FIOM e li faccio sgobbare in catene di montaggio, senza pause e con gli straordinari non pagati. Altro che armi e bombe. Prendo le armi del mondo, le fondo e costruisco materiali per cavalli a dondolo ».
L’uomo dalla lunga barba bianca pareva davvero arrabbiato, nella taverna calò un ondata di freddo glaciale, tutte le fiammelle delle candele e delle lampade ad olio sobbalzarono all’unisono.
Nello stesso momento entrò nella locanda, un ometto vestito di tutto punto, giacca e cravatta compresi, che si diresse nel tavolo d’angolo, dove erano seduti i tre.
« Amici, sono venuto a regalarvi il libro con le parole di Geova, non abbiate indugio, leggete il verbo e cantate con noi ». Disse, l’ometto appena entrato.
« Testimone ? ma non hai visto chi siamo ? il libro delle parole, a noi ? Ascolta, non abbiamo tempo, prenditi una pausa e vatti a vedere la partita. Al campo celeste c’è un partitone, profeti contro angeli, di alla maschera che ti mando io. Vedrai che ti fanno entrare. »
« Grazie, grazie, vado subito e chissà che non riesca a piazzare qualche libro. »
« Ecco. Bravo, vai. »
« E quindi capo, cosa facciamo come mettiamo una pezza ai nostri errori ? »
« Stavo pensando di rimandare giù, a mio nome un po’ dei ragazzi che non credono in me. Comincerei col tedesco, l’argentino e due italiani (sardi). Li manderei in missione per conto di Dio, in ogni angolo di quel piccolo e derelitto pianeta e farei capire a quel branco di testine di cernia, che la vita è gioia, tolleranza, ricerca delle differenze, biodiversità di pensiero, luce. Il male è l’oscurantismo del denaro, degli assolutismi, degli integralismi, delle religioni vissute come prevaricazione, come noi contro di voi, come il mio Dio è migliore del tuo. Sulla terra esiste una sola razza, quella umana, diceva uno scienziato, che pure lui non credeva in me. E poi, mi viene pure una domanda, com’è che tutti quelli che mi rappresentano, che conoscono la mia parola, che hanno vissuto nella rettitudine, pur essendo peccatori, non sono religiosi ? Non è che poi, alla fine, sono ateo anch’io ? »
Il racconto Cristiano Mazzoni La Taverna di Dio è già apparso su Ferraraitalia il 31 dicembre 2016.
Cover: elaborazione grafica di Carlo Tassi
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