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da: Valter Zago

Il fresco annuncio del Ministro Dario Franceschini che è intenzione del Governo promuovere una legge speciale per l‘istituzione del Parco naturale interregionale del Delta del Po – perché poi una nuova legge quando quella specifica c’è già? – ha l’indubbio merito di richiamare l’attenzione sulla mancata attuazione di quanto previsto dall’art. 35 della legge quadro n.394 sulle aree naturali protette a questo riguardo, ossia l’istituzione, entro due anni dalla sua approvazione avvenuta il 6 dicembre del 1991, di un parco appunto interregionale; in caso contrario, di un parco nazionale. Di proroga in proroga, si pervenne finalmente, alla fine del 1996, alla necessaria intesa preliminare tra il Ministero dell’Ambiente, la Regione Emilia-Romagna e la Regione Veneto. L’anno successivo cadde anzitempo il primo Governo Prodi e sull’art.35 scese l’oblio. I succesivi Governi infatti scordarono di proporre al Parlamento l’approvazione di altre proroghe o l’istituzione del Parco nazionale. Dopo l’intesa del ’96, agli atti sono rimaste solo due lettere di maniera, senza alcun seguito: la prima risalente all’anno 2000 dell’Assessore all’Ambiente della Regione Emilia-Romagna, Guido Tampieri; la seconda, otto anni dopo, del Ministro dell’Ambiente, Alfonso Pecoraro Scanio. In seguito – se si esclude la recente giusta comunione di intelligenza tra le due Regioni per conseguire il riconoscimento MAB dello straordinario valore ambientale del Delta del Po da parte dell’Unesco – non c’è stata più nessuna mossa istituzionale né a favore del parco interregionale né tantomeno di quello nazionale. Anzi, al contrario, ultimamente si è ingenerata la stramba convinzione in alcune personalità politiche regionali e locali di essere riuscite, con il conseguimento di tale riconoscimento “laddove altri hanno fallito, ad abbattere le barriere burocratiche”. E di conseguenza a risolvere così il problema della interregionalità. E sono, queste, le stesse personalità che ora sgomitano per strutturare – di stravaganza in stravaganza – una sorta di parco parallelo od ombra – il ‘Parco-MAB’, con tanto di uffici e personale dedicati – come succedaneo di quello interregionale. L’annuncio, per quanto laconico, di Franceschini fa innanzitutto chiarezza e neutralizza intanto questa creatività d’accatto: va istituito il Parco interregionale con legge speciale. Punto. Di più, allo stato dell’arte, non è dato sapere. Meglio allora sospendere il giudizio ed occuparsi, in attesa di saperne di più, di un esercizio più concreto. Come la riflessione – non fosse altro per evitare l’ennesima riscoperta dell’acqua calda – sull’impianto ed i contenuti dell’intesa sottoscritta, in una vana corsa contro il tempo, il 27 dicembre 1996, dal Ministro dell’Ambiente, Edo Ronchi, dal Presidente della Regione Veneto, Giancarlo Galan e dall’Assessore all’Ambiente della Regione Emilia-Romagna, Renato Cocchi, in ossequio alla legge sui parchi ancora oggi ben vigente: la 394 del 1991. Il suo testo integrale, mai oggetto di pubblicazione, è riportato qui in appendice ad una memoria sulla interregionalità che scrissi tre anni orsono in occasione di uno dei tanti ingannevoli preannunci di una ripresa dell’iniziativa politica in suo favore. Per poi doverla riporre nel cassetto, in attesa di tempi migliori. Ora, finalmente, la buona opportunità per ridargli luce è venuta, anche grazie all’approfondimento promosso recentemente dal ‘Gruppo di San Rossore’ sul Titolo V riformato della Costituzione, con particolare riferimento ai beni ambientali, culturali e paesaggistici, che andrà a culminare proprio a giorni, il 30 settembre, a Pisa, in un importante seminario ospitato dalla casa editrice ETS, presso la propria sede. E’infatti mia convinzione che, nel frattempo, quella memoria non abbia perso d’attualità. Se non altro per farsi un’idea della buona intesa siglata nel 1996 da cui adesso sarebbe saggio ripartire per costruire su solide e sostenibili basi il Parco naturale interregionale del Delta del Po.

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