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A questo punto del mese e dell’anno possiamo dire che è già passato quel tempo sufficiente per tirare un po’ le prime somme a proposito del nostro nuovo fantasmagorico, rivoluzionario Governo Draghi.
Ebbene sì, è passato solo poco tempo ma è già – davvero – cambiato tutto.
Il Paese è nel pieno di una trasformazione sociale, economica e – cosa più importante – culturale.
Anche la gestione del disastro che stiamo vivendo tutti ha – pur in così poco tempo – innestato con vigore un’altra marcia, una marcia prima impensabile con il precedente governo retto da quel quasi sosia di Bryan Ferry che era certamente elegante, volendo anche simpatico ma insomma: vogliamo mettere con uno come Mario Draghi?
Già quel nome, “Mario Draghi”, sprigiona questo forte sentore di classico/al tempo stesso proiettato nel futuro: un po’ come siamo da sempre noi italiani.
Mi attendo quindi – come tanti altri italiani e perché no, cittadini del mondo – grandi, enormi cose da qui al 2023.
La cosa bella è che queste cose le posso immaginare e so già che in realtà – ed è questo il bello – con un Governo come questo qui, retto da Mario Draghi, la mia pur fervida immaginazione non potrà mai arrivare neanche ai proverbiali 180 cm di distanza di sicurezza dalle stupefacenti realtà di cui è e sarà capace questo straordinario Governo Mario Draghi.
Insomma ragazz*, Mario Draghi.
Mario Draghi, what else?
Ripetiamolo insieme: Mario Draghi.
Io lo faccio ogni mattina mentre bevo il caffè, chiedendomi cosa sia poi successo in realtà, quella volta a quel povero Professore ma – quando le mie orecchie vibrano assieme alla mia laringe al suono delle parole “Mario” e “Draghi” – tutti questi miei dubbi e insicurezze esplodono diventando polvere, cenere, aria, droplets, stelline, cous cous, brodo granulare, timo fresco.
Insomma, si può dire che questo Mario Draghi sia già una specie di Pippo Baudo della politica: un personaggio che infonde sicurezza, tepore, verve, competenza, garbo.
E poi diciamocelo, questo Mario Draghi è anche un bell’ometto.
O almeno, io non ho mai visto nessuno portare le borse sotto agli occhi con un tale charme.
Dev’essere un’altra di queste sue celebri, rivoluzionarie qualità: già guardandolo in faccia si capisce che Mario Draghi vuol dare un taglio netto a quella vecchia politica legata a doppio filo ai portaborse, ai portavoce e al famigerato clan dei Casalini perché è chiaro che lui le borse se le porta da solo, regalandoci nel mentre un dolce e rassicurante sorriso.
Viva viva Mario Draghi, l’uomo che ci fa sognare come neanche Totò Schillaci trent’anni fa.
E a questo punto allora viviamo tutti insieme questo grande sogno, aiutandoci anche con il pezzo della settimana.
Cordiali saluti.

Kollaps (Einstürzende Neubauten, 1981)

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