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di Federica Mammina

Come ogni anno, il 25 aprile, si festeggia l’anniversario della Liberazione dal nazifascismo, avvenuta nel 1945. E lo si fa precisamente dal 22 aprile 1946 quando si scelse questa precisa data, fissata poi definitivamente come festa nazionale con una legge del maggio 1949.
Una data simbolica naturalmente perché l’occupazione tedesca e fascista in Italia non terminò in un solo giorno, scelta però perché proprio quel giorno coincise con l’inizio della ritirata da parte dei soldati della Germania nazista e di quelli fascisti della repubblica di Salò dalle città di Torino e di Milano, dopo che la popolazione si era ribellata e i partigiani avevano organizzato un piano coordinato per riprendere le città.
E così ogni anno in tutta Italia si svolgono cerimonie e manifestazioni per celebrare la memoria di tutti coloro che combattendo e sacrificando la propria vita hanno dato al nostro paese la possibilità di essere libero e democratico.
È una ricorrenza ancora sentita e percepita nella sua importanza? C’è da augurarselo, perché dovrebbe farci riflettere sul dono immenso che abbiamo ricevuto, la libertà, che noi diamo per scontata, ma che solo settant’anni fa è stata ottenuta con l’estremo sacrificio. Perché non perda il suo valore quindi è necessario che questa giornata, nel suo profondo significato, venga calata anno dopo anno nei tempi che viviamo e ci costringa a fermarci per considerare quali siano le dittature moderne verso le quali dobbiamo avere il coraggio di ribellarci per custodire con cura il dono ricevuto.

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Redazione di Periscopio



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