di Claudio Riccadonna
Rappresenta un patrimonio artistico e immobiliare tra i più vasti ma anche tra i meno conosciuti della Repubblica, che colpisce per le eccezionali dimensioni. Si estende su ben 110.500 metri quadri collocandosi al sesto posto tra i palazzi più grandi al mondo e al primo posto assoluto tra le residenze di capi di stato. Per dire le cose senza troppi fronzoli, occupa uno spazio 20 volte maggiore rispetto alla Casa Bianca statunitense. Inoltre conta ben 1.200 stanze ed è frutto di ampliamenti e adattamenti succedutisi in oltre 430 anni di vita, tali da aver consigliato da tempo di restringere le aree del palazzo utilizzate continuativamente.
Di quale edificio stiamo parlando? Del Quirinale, vero; dapprima residenza dei pontefici, poi dal 1870 dimora sabauda ed infine del Presidente della Repubblica. Insomma una «casa» di tutto rispetto (la cui macchina costa alle casse dello Stato 228 milioni di euro l’anno, ossia circa 26mila euro ogni ora) con migliaia di dipendenti, lussuose automobili di rappresentanza e due residenze esterne sempre a sua disposizione.
Certo una magnificenza ed un’opulenza smisurate che stridono in un’epoca di crisi con la debolezza strutturale dell’economia italiana, con il declino progressivo (anche in termini di benessere individuale e di potere d’acquisto), con cui i cui cittadini italiani sono costretti, ormai da tanti anni, a misurarsi. Una “impalcatura” monumentale, testimonianza quasi anacronistica di un glorioso passato (quale in realtà?) che, tuttavia, denuncia un’insostenibile distanza tra un simbolo del “potere” e le condizioni strazianti di un Paese in palese difficoltà, che stenta a ritrovare la strada della crescita. Insomma un intollerabile dualismo oppositivo tra la ricchezza della “casta” e la necessità di morigeratezza, talvolta al limite della miseria, che s’impone a milioni di comuni italiani. Quasi una sorta di reggia di Versailles all’italiana, così lontana, nella percezione comune, da chi deve sbarcare quotidianamente il lunario…
Nonostante tutto, come dimenticare il grande Pertini tra i pochi capi di stato italiano che rifiutarono di pernottarvi, che utilizzò tale edificio solo come ufficio e come luogo di incontri istituzionali. Il presidente partigiano che avevo capito la necessità di fornire degli esempi di onestà, di coerenza ed altruismo e che aveva altresì compreso il bisogno di “calarsi” tra gli uomini, di sentirsi vivo tra la gente, cum-partecipe dei problemi della collettività, e che in un’occasione si espresse in tal senso: “Le persone di buonsenso mi hanno fatto capire che avevo un conto da saldare con l’uomo della strada”. Successivamente, da Scalfaro in poi, divenne una prassi consuetudinaria risiedervi con tutta la famiglia.
Chissà il nuovo presidente della Repubblica che ha mosso i primi passi nel nuovo ruolo istituzionale, a bordo di una Panda, rinunciando all’auto blu! Tuttavia una parata d’insediamento poco “francescana” del nuovo inquilino…
Staremo a vedere…
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