L’hackathon in tavola, un nuovo metodo d’indagine per parlare di cibo
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Si chiamano hackathon (dalla congiunzione di “hack” e “marathon”), hanno una durata che va dalle 24 ore all’intera settimana e negli Usa sono stati adottati a partire da fine anni ’90, dagli ormai famigerati hacker informatici, all’inizio per sviluppare o ideare nuovi software, ora in ambiti più ampi come effettivi strumenti di ricerca. Gli ingredienti principali? Lavoro di squadra, condivisione e creatività, il tutto cucinato secondo le moderne tecniche di human centered design, capaci di rendere protagonista la persona e le sue qualità, ottimizzando il lavoro in team.

Eventi estremamente versatili e applicabili alle più differenti tematiche, da qualche anno vengono utilizzati anche nel nostro Paese per produrre conoscenza. L’ultimo esempio è Bibimbap food hackathon che, a partire dalla metafora del piatto coreano a base di riso, verdure e carne, decide di occuparsi di cibo. Prima a Milano, durante il Salone del mobile, e l’8 e 9 maggio scorso nella vicina Bologna, con cornice la verde e affascinante location di Villa Guastavillani (sede della prestigiosa Alma Graduate School) per una due giorni dedicata al tema della ristorazione collettiva: come migliorarla, ripensarla e ridefinire soluzioni che mettano al centro la persona e le sue esigenze?

Un centinaio gli studenti partecipanti (da differenti indirizzi di studio e specializzazione), moltissimi i mentor, anche provenienti da oltreoceano, ancor meglio dalla conosciutissima Sillicon Valley, 48 ore il tempo per l’indagine e ad organizzarla la neonata realtà filantropica Future Food Institute, in collaborazione con Alma Graduate School. Diversi, innovativi e stimolati gli esiti: da un’app che responsabilizza il consumatore e permette di migliorare i processi di preparazione/distribuzione dei pasti all’interno di mense aziendali, scolastiche o ospedaliere; alla riprogettazione di uno spazio mensa che diventi luogo ricreativo in cui poter organizzare riunioni, godersi una serena pausa o rilassarsi attraverso massaggi di benessere, fino a un “movimento” che utilizzando i social network diffonda la cultura per poter preparare cibo vero, sinonimo di divertimento e di benessere per tutti.
Un nuovo metodo d’indagine dunque, figlio di una cultura “nerd” che contamina positivamente altri ambiti di studio e si fa importare insegnando ad una delle culle dell’umanità un nuovo modo di ripensare tematiche, anche molto serie, valorizzando il lavoro in team, la creatività e la condivisione, ambendo all’innovazione.
Ora non resta che attendere che le idee divengano realtà…
Per saperne di più:
Bibimbap
Alma Graduate School
Future Food Instititute

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Valentina Preti
Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)
PAESE REALE
di Piermaria Romani