Quello che l’Expo si appresta a raccontare nella grande kermesse che aprirà i battenti il primo maggio, è un mondo perfetto. Un mondo in cui la ricerca esplora nuove coltivazioni e nuove sostanze nutrienti per risolvere i problemi della fame, in cui i consumatori si orientano verso scelte alimentari salutistiche e a basso impatto ambientale, in cui le industrie propongono un cibo buono e che fa bene. Un mondo in cui McDonalds scopre il cibo fresco e le persone leggono attentamente le etichette prima di acquistare, in cui le abitudini alimentari sono segnate dalla tendenza a conciliare gli opposti: buono e salutare, tradizionale e industriale, veloce e lento.
In premessa, lo scenario delineato dalla Fao in The State of Food Insecurity in the World 2014, [per leggere clicca qua] rammenta dati preoccupanti: 9 miliardi la popolazione mondiale entro il 2042, nei Paesi emergenti l’aumento dei redditi accompagnato dal cambiamento della dieta, intreccia i problemi della malnutrizione con quelli dell’eccesso, 805 milioni di persone, in particolare concentrate nell’Africa subsahariana e nella zona caraibica, hanno problemi di fame.
Così il discorso sul cibo si declina su nuovi valori: diventa un atto di responsabilità, assumendo l’esigenza della sostenibilità, un atto etico, con la lotta allo spreco, una fonte di identità, con l’attenzione ai prodotti della tradizione, un atto culturale allorché sottolinea la ricchezza dei giacimenti gastronomici, un fattore di coesione sociale, quando assume il tema del diritto al cibo per la popolazione del Pianeta. Tanto di guadagnato se il valore dell’identità alimentare viene esaltata anche come condizione per mantenere la biodiversità nel pianeta.
Intanto, è in atto una straordinaria trasformazione nei consumi alimentari all’insegna dell’individualizzazione della scelta e nel contempo all’ibridazione dei regimi alimentari. Un ossimoro solo apparente. Ognuno cerca risposte su misura dei propri bisogni e delle proprie scelte. Scopriamo che l’Italia è il secondo Paese più vegetariano dopo l’India e il terzo in Europa per numero di ristoranti dedicati: 5 milioni di Italiani non mangiano carne. Cresce la domanda di cibo fresco: che almeno possiamo riconoscere ciò che mangiamo, se quasi nulla di ciò che ci accade intorno ci appare decodificabile. In aumento i vegani: nelle forme più radicali, queste scelte esprimono un bisogno di ridurre l’incertezza con criteri di comportamento rigidi. Ma, per fortuna conserviamo la tendenza alla mediazione, così scopriamo che molti sono vegani “part time”, quando lo consentono le condizioni, quando si può, quando si sente il bisogno di purificarsi.
Tutto all’insegna della “personalizzazione di massa”, consentita dalla tecnologia. La personalizzazione di massa è resa possibile da due fattori: una grande flessibilità nel rispondere a bisogni individuali e una straordinaria possibilità di conoscerli, con l’elaborazione della enorme mole di informazione scambiata in rete. Le industrie non hanno più bisogno di conoscere i target, possono semplicemente rilevare cosa vogliono i singoli consumatori, poi i sistemi di geolocalizzazione provvedono a segnalare che nelle vicinanze c’è qualcosa che fa al caso loro. È il caso di Sturbucks che in associazione con Foursquare sperimenta l’invio di coupon a coloro che sono nelle vicinanze di un locale della catena [vai al sito]. E così, mentre cresce il fascino dei prodotti freschi, è in forte aumento la domanda di cibi pronti consegnati a casa.
Il mondo perfetto sa conciliare gli opposti e rassicurare ognuno che sta facendo la scelta giusta.
Maura Franchi – Laureata in Sociologia e in Scienze dell’Educazione. Vive tra Ferrara e Parma, dove insegna Sociologia dei Consumi. Studia i mutamenti socio-culturali connessi alla rete e ai social network, le scelte e i comportamenti di consumo, le forme di comunicazione del brand. maura.franchi@gmail.com
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