L’EVENTO
Precarietà, futuro, utopia: la parola ai cittadini
Tempo di lettura: 4 minuti
di Francesca Tamascelli
Un esperimento di partecipazione collettiva avrà luogo domani a Ferrara. Il salone di Wunderkammer, gli ex magazzini generali di via Darsena, sarà infatti punto di ritrovo di cittadini curiosi di capire cosa sia questo nuovo progetto promosso dal Comune di Ferrara: il Future Lab dal titolo “Quali facce ha la precarietà?” [vedi il video].
Non è semplice spiegare cosa sia un Future Lab e c’è il rischio di confonderlo con quello che non è: una conferenza, una lezione frontale, un brainstorming. Per cominciare, Future Lab non è il titolo di un evento, ma il nome di una metodologia. Fu il tedesco Robert Jungk a ideare questo strumento partecipativo, attualmente molto utilizzato nei Paesi del nord Europa per la pianificazione ed il miglioramento dei servizi al cittadino. E’ una metodologia basata sulla cittadinanza attiva, attraverso cui è possibile fare emergere “dal basso” esigenze e aspirazioni dei cittadini nonché ipotesi di cambiamento.
Future lab è dunque la forma, il contenitore. Il contenuto invece è variabile, a seconda dell’aspetto sociale che si vuole indagare. In questo caso, la precarietà: non solo quella lavorativa, bensì la precarietà a 360°, che sempre più e sempre più spesso arriva a coinvolgere tutti gli ambiti del vivere quotidiano e ad intaccare la possibilità di progettualità future. Una precarietà che oramai sembra essere descrittiva della dimensione esistenziale contemporanea.
Capiamo meglio, però, come funziona un Future Lab. I passaggi sono prestabiliti e consistono in tre tappe fondamentali: la distopia, l’utopia e il progetto. La distopia, con scopi di catarsi e di chiarificazione, serve a focalizzarsi su ciò che non funziona del presente. Per farlo, porta alle estreme conseguenze i tratti negativi che caratterizzano la sfera dell’argomento in questione. Ai presenti verrà chiesto: dove andremo a finire, se continueremo così? Le risposte saranno raccolte mediante brainstorming di parola, in plenaria.
L’utopia è il secondo passaggio e serve a sviluppare una visione positiva del futuro, sufficientemente lontana da poter essere, appunto, utopica: in che mondo vorremmo vivere tra 200 anni? Come dovrebbe essere la società, in relazione al nostro tema di discussione? Questo, forse, il passaggio più complesso, non tanto per la difficoltà intrinseca del pensiero utopico, quanto per la grande diffidenza che abbiamo sviluppato verso l’utopia. Si pensa forse che l’utopia, radicata nel terreno dell’ideologia e del pensiero teorico, sia appannaggio di quei pensatori che hanno scritto libri mirabili ma non sono stati veramente in grado di incidere sulla realtà, isolati in esercizi mentali poco concretizzabili. In un momento di grave crisi, di tangibile tensione sociale, con atmosfere nebbiose e pesanti da tagliare con il coltello, chiedere alle persone di liberare energia utopica è rischioso: la proposta potrebbe essere accolta con diffidenza, chiusura, se non addirittura intolleranza. “Basta parole! A cosa servono? Cosa cambiano? Parliamo parliamo parliamo, poi torniamo a casa e tutto resta come prima”. Pensiero comprensibile, ma non per forza corretto. Rilegittimare l’utopia è importante, non (solo) perché l’uomo è di tendenza un pensatore, ma perché i progetti più concreti hanno bisogno di visioni, e non sono realizzabili se prima non abbiamo individuato un orizzonte, una meta da raggiungere. Utopia. U-topos, “nessun luogo”. L’utopia non è un luogo da raggiungere, è un orizzonte da inseguire per raddrizzare il percorso. Non è una destinazione, bensì una direzione.
Parole parole parole. Non siamo ancora convinti. E allora passiamo alla terza fase: ipotesi di progetti. I partecipanti, i cittadini, si attiveranno in gruppi di lavoro che, seguendo l’indicazione dell’utopia prescelta, si impegneranno a tratteggiare la strada “da qui a lì”: quali passi possiamo fare per incamminarci nella direzione dell’orizzonte desiderato? Le proposte concrete (progetti, servizi e quant’altro possa essere implementato a livello di comunità) verranno poi sottoposti all’attenzione dell’amministrazione comunale, presente nella persona di Chiara Sapigni, assessore alla Salute e Servizi alla Persona.
La giornata di Future Lab sarà condotta da Vincenza Pellegrino, sociologa dell’Università di Parma, e supportata da formatori che guideranno i gruppi di lavoro. Per stimolare il pensiero divergente necessario a ragionare in termini di distopia/utopia, è stato richiesto il contributo di Teatro Nucleo, per “incursioni teatrali” utili a stimolare idee e partecipazione.
Davvero l’amministrazione ha intenzione di ascoltare le proposte dei cittadini, oppure si tratta solo di un “contentino”? La domanda sorge spontanea, disabituati come siamo a contare qualcosa nelle decisioni pubbliche. Forse vale la pena di lasciare momentaneamente da parte interrogativi disillusi e provare a investire energia sulle proprie possibilità di partecipare in modo propositivo al dialogo e a progettualità condivise.
Se lo scetticismo permane, probabilmente l’unico rimedio è partecipare, correndo il rischio di provare il piacevole stupore di doversi ricredere.
Per informazioni, è possibile visitare la pagina facebook [vedi] oppure inviare una mail a
t.gradi@comune.fe.it. L’evento, a partecipazione libera e gratuita, è promosso da Comune di Ferrara in collaborazione con Regione Emilia Romagna, Provincia di Ferrara, Agenzia sanitaria e sociale regionale, Ausl Ferrara, Community Lab, Teatro Nucleo.
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Redazione di Periscopio
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