L’EVENTO
Favino sublime giullare esalta la tradizione della commedia all’italiana
Quasi tre ore di puro divertimento, in cui si fatica a star fermi sulle sedie, tanta è l’esilarante energia sprigionata sul palco dagli interpreti di “Servo per due”, il riallestimento italiano ad opera di Marit Nissen, Simonetta Solder, Pierfrancesco Favino e Paolo Sassanelli di “One man, two guvnors”, a sua volta versione british del classico goldoniano “Arlecchino servitore di due padroni”.
Ci si potrebbe chiedere perché Pierfrancesco Favino e Paolo Sassanelli, entrambi nella doppia veste di registi e attori in scena, abbiano scelto di passare per la versione inglese ambientata negli anni Sessanta e trasportarla a loro volta nella Rimini degli anni Trenta, invece che riprendere direttamente l’originale settecentesco. La risposta che può azzardare chi ha visto lo spettacolo è che, forse, serviva un distanziamento nel tempo e nello spazio per poter recuperare nell’opera di riscrittura tutta la tradizione della comicità italiana, che partendo dalla commedia dell’arte nel frattempo è diventata la commedia all’italiana di Risi e Monicelli, o la giullarata popolare del premio Nobel Dario Fo e ancora il varietà teatrale e televisivo e la comicità stralunata di Benigni e Troisi.
Insomma, come afferma Favino nell’incontro della compagnia con il pubblico al Ridotto del teatro, il genere che più appartiene alla nostra natura e alla nostra storia di italiani sembra essere la commedia: “è il linguaggio che ci accomuna e che ritroviamo dovunque facciamo lo spettacolo”. Per questo lo spettacolo coinvolge così tanto: perché è “popolare nel senso più nobile e intelligente del termine”, come sottolinea Stefano Pesce, che interpreta Spiridione.
Un altro motivo diventa evidente quando Favino racconta la sua visione del mestiere dell’attore: “gli attori iniziano a fare questo mestiere per essere amati, ma diventano tali quando riescono ad amare, quando nasce quel bisogno dell’altro che sta davanti a te, perché recitare significa non tenere nulla per sé e non giudicare mai il pubblico che si ha di fronte”. E, infatti, ognuno degli attori non risparmia una goccia del proprio sudore in un fiume in piena di situazioni, ricche di incroci tra personaggi ed equivoci a profusione, tra travestimenti, scherzi, gag e ruzzoloni. “Lo spettacolo è più forte della presunzione dei singoli attori: non importa quanto si voglia emergere, non ci si riesce perché si viene trascinati nel vortice del suo ritmo”, spiega Sassanelli. Lo spettacolo poi non sarebbe la stessa cosa senza i siparietti musicali tra una scena e l’altra, durante il cambio di scenografie, arrangiati e suonati dall’orchestra Musica da Ripostiglio, che quando arriva “crea scompiglio”, fra riarrangiamenti di classici della musica italiana, come “Mille lire al mese”, “Il pinguino innamorato” e “Mamma mi ci vuol il fidanzato”, e nuovi brani scritti appositamente per questo spettacolo.
È evidente che tutti loro si divertono nel farci divertire, come è evidente la rete di fiducia che conferisce allo spettacolo un respiro comune. Una coesione che deriva dal reciproco rispetto, nato durante gli otto lunghi mesi di duro lavoro che sono serviti per preparare “Servo per due”: seminari di danza, canto, clownerie e tanta improvvisazione per allenare la memoria fisica e per “rendere sempre necessario in scena l’ascolto dell’altro”, chiarisce Favino. Una complicità che emerge dagli sguardi e dalle piccole impercettibili smorfie di intesa che i compagni si sono lanciati nel finale durante l’ultima canzone mentre iniziavano i lunghi applausi del pubblico in sala, ma che trova forse la sua più chiara espressione nell’immagine di Pierfrancesco Favino che, a chiusura dell’incontro con il pubblico, prende in braccio il bimbo addormentato del chitarrista dell’orchestra e gli sorride come uno zio affettuoso.
Se l’intento è recuperare il rapporto di fiducia fra chi sta sul palcoscenico e chi sta davanti a esso e, nelle parole di Favino, “proporre uno spettacolo che le persone siano felici di aver visto, facendole andare via con la sensazione di essere state a casa propria”, possiamo dire: obiettivo pienamente raggiunto.
“Servo per due”, di e con Pierfrancesco Favino, adattamento di “One man, two guvnors” di Richard Bean, tratto da “Il servitore di due padroni” di Carlo Goldoni, al Teatro Comunale fino a domani, domenica 18 dicembre.
Foto di Marco Caselli Nirmal

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Federica Pezzoli
PAESE REALE
di Piermaria Romani
Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)