Grazie alla vita che mi ha dato tanto
mi diede due stelle
che quando le apro
perfettamente distinguo
il nero dal bianco
E nell’alto del cielo
Il suo sfondo stellato
E tra le moltitudini
L’uomo che amo
Grazie alla vita che mi ha dato tanto (….)
“Gracias a la vida”, Violeta Parra
Ho atteso un po’ prima di affrontare questa lettura. Ho tentennato, ammetto, ho preso tempo. Temevo il contatto e il confronto con il dolore, con la sofferenza legata all’abbandono, con il sangue vivo di ferite non ancora ben rimarginate. Tuttavia sapevo, ne ero sicura, che vi avrei trovato coraggio, amore, ardore e passione, insieme a tanta vita vissuta intensamente e che, ancora e sempre, avrebbe cercato intensità, avventure e riscossa.
Adriana, la titolare dell’omonimo salone Valles, è tutto questo, e chi la frequenta lo sa bene. Conosco questa splendida donna da qualche anno – troppo poco – e anche per questo non osavo entrare in una simile intimità, per timore di violarla. Non osavo varcare la soglia di momenti felici e infelici, toccare la passione di qualcuno, come lei, che sfioravo ogni tanto ma che ogni volta sentivo sempre così vicino. Una corrispondenza di sentimenti e di punti d’incontro che si manifestava sempre, anche solo sfiorandosi i pensieri, scambiandosi le sensazioni di donne e di figlie. E poi ho preso il libro, mi sono decisa, mi sono detta che se Adriana aveva voluto quelle pagine era anche per dirci qualcosa, oltre che per percorrere un cammino liberatorio di pace con se stessa e i propri fantasmi. E allora l’ho sfiorato con delicatezza e con leggerezza, sottile ed esile com’era, accarezzato, girato e rigirato e… divorato. Un baleno di emozioni, un lampo luminoso di momenti unici, consapevoli, dolci e amari, autentici e indimenticabili, intensi, generosi, commoventi, toccanti, penetranti.
Ammiro Adriana per la sua bellezza, dentro e fuori, per le sue mani leggere che ti pettinano e ti fanno sentire donna, bella, elegante, sensuale, insostituibile, unica. Ogni volta che entravo nel suo salone, di rientro dai miei lunghi viaggi, avevo l’impressione di tornare a casa, di accomodarmi su una poltrona calda e comoda che qualcuno teneva li’ sempre pronta per me. E la sensazione non cambiava, anzi si ripeteva ogni volta, con sempre maggior forza. Quel salone non era e non è un luogo come tanti, qui si percepisce il calore, la complicità, la generosità, l’abbraccio, la musica, la poesia, ci si sente quasi sfiorati da una leggera bacchetta magica che accarezza i pensieri e i riflessi delle luci sui tuoi capelli. E in queste pagine abilmente ricamate dalla ferrarese Francesca Boari, subito si coglie questa voglia di Adriana di renderti unica. Perché lei stessa dice immediatamente che “mi piaceva mettere le mani tra i capelli delle donne, mi sembrava che ogni volta mi affidassero un piccolo passo verso una trasformazione, verso uno dei tanti volti che abitano in quella parte remota di noi che sveliamo piano piano, specie se riusciamo a incrociare sulle nostre strade un tramite che ci dia accesso alla nostra intimità. Le guardavo entrare nel negozio e mi piaceva ascoltare tutto quello che dicevano e anche i loro silenzi. Al lavatesta appoggiavo delicatamente le mie mani tra i loro capelli e sognavo di essere io quel tramite che le avrebbe rese anche solo per un istante felici di specchiarsi”.
La nonna Celestina illumina tutto il percorso di una donna che sa di profumo di gelsomino, di fresca acqua di colonia, di ali d’angelo. L’amore dà l’anima a tutto il resto, dal marito Sergio al figlio Giacomo, un amore per la vita stessa che accende ogni giorno a spazza via ogni nuvola. In queste pagine si percorre la bellezza, spesso messa in ombra dal grande dolore dell’abbandono materno, ma riscattatasi in un affetto ritrovato, tardi negli anni, che, in un grande abbraccio finale, avvolge magia, incanto e luce del perdono. Non una semplice storia di un salone di bellezza, nel senso più profondo della parola, ma vere meraviglie del cuore, Memorie di Adriana.
Francesca Boari, “Le orme dell’orso”,
edizioni Esav, 2014, 63 p.
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Simonetta Sandri
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