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14 Gennaio 2015

Letteratura e magia

Tempo di lettura: 2 minuti


Da BERLINO – Qualche sera fa, al berlinese Institute for Cultural Inquiry, Sianne Ngai professoressa di inglese all’università di Stanford ha parlato dell’esperienza di trovare “stratagemmi letterari” (literary gimmicks) a partire dall’esperienza estetica di avere una “brutta esperienza:” ovvero, un’esperienza estetica fallimentare che non ha successo e quindi che è priva della possibilità di ottenere quel soddisfacimento finale che comunemente chiamiamo “catarsi.”

Gimmick è un termine tecnico inglese che indica una serie di cose: un indovinello, una trovata, un marchingegno, un trucco, un effetto speciale, un mossa speciale (nel wrestling) e infine un trucco magico.

Non si prenda la questione di avere una “trovata” che però è connotata negativamente come fallimentare o comunque poco consona all’oggetto estetico a cui si applica appunto solo come una “trovata” filosofica per dire qualcosa di nuovo sull’arte o letteratura. Dietro questa decisione filosofica di analizzare una “trovata” si nasconde la decisione di resistere alla tipica estetica filosofica di origine platonica di passare dal prodotto artistico alla figura dell’artista, quest’ultimo magari celebrato come l’alfiere di una particolare condizione mentale o spirituale.

Se invece si passa a parlare (o si torna a parlare) del prodotto ecco che emergono (o riemergono) nuove qualità estetiche che implicano anche una seria di particolari visioni del “lavoro artistico”.

Questo è particolarmente vero nel caso di una “trovata” in campo artistica che è caratterizzata da una serie di connotazioni negative: potenzialmente fallimentare, troppo elaborata, quindi laboriosa da decifrare, “architettata” (in ogni senso del termine), quindi fin troppo intenzionale, tradendo quasi l’impressione che l’artista ne sappia fin troppo del (futuro) spettatore della sua opera, dando quindi in fondo l’impressione di volerlo far cadere in un “tranello” (altro significato del termine gimmick). Un “trucchetto”, insomma. come se il termine gimmick fosse un’ingegnosa riscrittura del termine “magic,” magia. È infatti l’uso della magia che caratterizza degli artifici meta-narrativi particolarmente presenti nella letteratura contemporanea, persino quando non sarebbe necessario.

Se quindi passiamo alla letteratura ci sono alcuni casi dell’uso di simili “tranelli” nella scrittura, come ad esempio l’uso di una serie di “invenzioni” letterarie che sembrano superare il numero che ci si aspetterebbe in un tipo di letteratura “realista,” ad esempio. Come il caso della cosiddetta “montagna incantata” di Mann, recentemente rinominata opportunamente come la “montagna magica.”

È un tipo di magia che non vuole essere né sovrannaturale né è enigmatico bensì una sorta di artificio letterario per manipolare la forza emotiva evocata in letteratura e quindi inculcata sullo spettatore.

Esempi abbondano, secondo Ngai soprattutto quando la letteratura contemporanea usa ed abusa del termine “magia” per provocare una larga serie di effetti estetici: imbarazzo, sorpresa, illusione ecc ecc quindi in sostanza per proporre un determinato oggetto o personaggio o ambiente come qualcosa di misterioso, alieno o dotato di particolari qualità.

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Federico Dal Bo

È giornalista pubblicista e traduttore, dottore di ricerca in Ebraistica, dottore di ricerca in Scienza della traduzione, residente a Berlino


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it