Caro direttore,
quest’anno ho vissuto con particolare amarezza il “giorno della memoria” perchè, approfondendo il tema dell’antisemitismo, ho scoperto cose che mi hanno ferito e amareggiato.
Vittorio Foa, in una intervista televisiva, disse che molti intellettuali aderirono alla Resistenza (specie dopo che in nazifascismo si avviò alla sconfitta…). Ma nessuno di essi – ricordava Foa – mosse un dito o protestò quando,nel 1938, furono approvate le famigerate “leggi razziali”. Purtroppo, tuttavia, non ci fu solo il silenzio, ma furono vergate anche parole inimmaginabili.
Di Giorgio Bocca si sapeva che aveva recensito favorevolmente i Protocolli dei savi anziani di Sion (noto libello antiebraico) sostenendo”la necessità ineluttabile di questa guerra, intesa come una ribellione dell’Europa ariana al tentativo ebraico di porla in stato di schiavitù” (La Provincia granda – Sentinella d’Italia, Foglio d’ordini settimanale della Federazione dei Fasci di Combattimento di Cuneo,14 agosto 1942).
E sapevamo che la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Ferrara aveva deliberato di conferire ad Hans Frank, noto persecutore di ebrei nonchè ministro della giustizia (sic!) di Hitler, la laurea “ad honorem”. Quel Frank, conosciuto anche come “il boia della Polonia”, che nel 1941 disse : “Dobbiamo distruggere gli Ebrei ovunque li troviamo, e ovunque sia possibile”. E alle parole fece seguire i fatti.
Non conoscevo tuttavia le favorevoli recensioni del film di propaganda antisemita (vedi allegato) Süss l’ebreo (Jud Süss) diretto da Veit Harlan, braccio cinematografico di Joseph Goebbels, che uscì nella Germania nazista nel 1940 e fu al lungo proiettato nelle sale italiane.
Fra coloro che elogiarono il film trovo, con infinito rammarico, i nomi di Carlo Lizzani (su “Roma fascista”),del nostro concittadino Michelangelo Antonioni (sul “Corriere Padano”) e, con mio sommo dolore, anche di Enzo Biagi, che scrisse parole incredibili su “L’Assalto” (organo della federazione fascista di Bologna) il 4 ottobre del 1940.
Si tratta – scrisse Biagi , di «un cinema di propaganda. Ma una propaganda che non esclude l’arte, che è posta al servizio dell’idea». Il film ” trascina il pubblico all’entusiasmo…e raggiunge lo scopo: molta gente apprende che cosa è l’ebraismo, e capisce i moventi della battaglia che lo combatte» .
Com’è possibile, mi chiedo, che intellettuali del calibro di Bocca, Biagi, Lizzani o Antonioni (e chissà quanti altri) abbiano vergato parole che ci fanno rabbrividire e delle quali – per quanto ne so – non hanno mai chiesto scusa almeno ai parenti e agli amici di coloro che “passarono per il camino”?
Possibile che in quegli anni anche le menti di personaggi come quelli citati (e non solo, perchè l’elenco sarebbe più lungo) fossero così annebbiate?
Giorgio Fabbri
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