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Lettera al Direttore

Raccolgo volentieri l’invito del direttore fatto sulla rubrica Rospi del 27/10/2020 [Vedi qui] per una riflessione attorno alle reazioni rabbiose ai provvedimenti contenuti nel Dpcm  del 24 ottobre legati all’emergenza covid 19 e provo per comodità ad organizzarla su tre punti.

Il primo serve a sottolineare la differenza sostanziale tra la prima chiusura nel febbraio scorso e quelle previste dai dpcm di queste ultime settimane.
Il  generale consenso sociale, e quindi il successo, che ha investito il lockdown del febbraio-marzo poggiava sostanzialmente almeno su tre elementi principali:  sul fatto che sia stato il primo provvedimento di chiusura e quindi abbia riguardato un sistema ancora economicamente e socialmente in grado di accettarlo; e poi su una vivida percezione generalizzata di un grande pericolo incombente su tutti, di un virus  mortifero e infine sulla conseguente necessità di proteggersi ad ogni costo   dal contagio.
Queste condizioni oggi non sono più presenti sia per una condizione di estrema debolezza economica del sistema, che non permette una ulteriore, necessaria, chiusura totale, ma anche  per una sorta di delegittimazione, proveniente da più livelli del sistema, della realtà del  pericolo del contagio e della utilità dei presidi proposti per il suo contenimento.

Un secondo elemento di riflessione riguarda la motivazione  sottostante i provvedimenti adottati con gli ultimi dpcm.
I contestati provvedimenti di chiusura parziale  sono il frutto obbligato di alcune scelte (anzi  direi non scelte) del governo, avvenute nel periodo estivo.
In quel periodo di attenuazione della circolazione del virus, infatti il Governo avrebbe dovuto operare, oltre che insistere con provvedimenti limitativi della libertà di movimento verso paesi ad alto rischio e contenimento delle altre relazioni sociali a rischio, per un rinforzo della gestione territoriale della sanità di base. per un aumento dei mezzi necessari alla mobilità e ai trasporti, per una diversa organizzazione della scuola.

Avendo scelto una via attendista e più permissiva, da subito, alla riapertura delle scuole e con la ripresa della realtà produttiva ordinaria, la curva dei contagi è aumentata in modo esponenziale. In attesa di un vaccino, la proposta di un secondo lockdown, soluzione ottimale per spezzare il rincorrersi dei contagi, non è stata presa in considerazione per chiari motivi di non sostenibilità economica e mancanza di consenso sociale. Applicando il principio del male minore e facendo anche qualche errore di valutazione, sono state colpite le occasioni di assembramento maggiori. Chi protesta in realtà  non è in grado di offrire valide alternative e consegna  interpretazioni bizzarre sulla inconsistenza dei provvedimenti attuati.

La terza riflessione si basa sulla previsione che tali provvedimenti risulteranno alla fine non sufficientemente efficaci rendendo necessario salire ad un livello superiore di limitazioni.
Ma tutto ciò si presenterà  come molto problematico  perché quasi insostenibile a livello economico; ma lo sarà anche a livello relazionale, dove è proprio il senso di responsabilità a mancare sia nelle opposizioni, a cui certamente non dispiace la comoda posizione di spettatore di tale scenario, sia nella gente comune ,abbandonata al proprio destino,  impoverita da un anno di mancati guadagni, confusa a livello di informazione sanitaria, sfiduciata rispetto alle proposte delle leadership politiche.

Roberto Paltrinieri 29 ottobre 2020

 

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