Abbiamo già recensito il romanzo più famoso di Jaan Kross, “Il pazzo dello zar” (vedi), oggi vi presentiamo un altro capolavoro di questo scrittore da riscoprire,che arriva ancora dall’Estonia: “La Congiura”. Estonia, terra ferita, schiacciata da sempre fra Russia e Germania, da esse contesa, ancora di più ai tempi della Seconda Guerra Mondiale. Nazione in cerca di equilibrio e identità.
I tre racconti magistrali di cui è composto il libro (“La ferita”, “La Grammatica di Stahl” e “La congiura”) sono parte del romanzo di formazione del protagonista, l’alter ego dell’autore. Peeter Mirk è un giovane intellettuale, studente di legge e scrittore di Tallinn che, agli inizi degli anni Quaranta, vive il suo primo amore, oltre che la sua tragica fine, l’inizio della guerra, lo scontro con il male, l’occupazione tedesca e poi sovietica, la prigionia, il tentativo di fuga in Finlandia, il tradimento di un amico, la congiura in carcere, la lotta con il crudele destino. Drammatiche esperienze di vita vissuta, sempre interrogandosi sul proprio ruolo e responsabilità negli eventi, sul proprio posto nel mondo, sul significato di quanto sta accadendo e sulla posizione moralmente giusta da prendere.
Nel primo dei tre racconti (“La ferita”), il protagonista Peeter Mirk si iscrive all’antica e nota Università di Tartu, insieme a Flora, la sua fidanzata, sorella dell’amico Karl, che frequenta regolarmente. Fra passioni e dubbi, la storia d’amore continua, sotto l’occhio vigile della madre della ragazza, finché Flora, tornata nel frattempo a Tallinn, pare destinata a partire per la Germania con la famiglia. La Polonia è caduta in mano ai tedeschi, la guerra è cominciata, e i Ventsel partiranno, aderendo al richiamo di Hitler, rivolto a tutti i tedeschi di Estonia e Lettonia affinché rientrino in madrepatria. Il mistero resta, perché essi paiono essere purosangue estoni. Prima della partenza l’ultimo saluto, a un ballo, Flora cade e si ferisce, il vaccino antitetanico le sarà fatale. Di chi è la responsabilità di tutto questo? Di Peeter che trascinandola all’aperto fortuitamente la fa cadere? Una prima vittima innocente e un forte senso di colpa che sarà un peso insopportabile, presagio del nero che avanza. “Forse avrei dovuto cercare di cambiare il loro destino con le mie disperate, patetiche, inutili parole. Di sostituire un destino con un altro. Quale destino, e con quale altro? Non lo so”.
Le due storie seguenti si ambientano in carcere: una prigione tedesca nel 1944, ne “La Grammatica di Stahl” e una sovietica del 1946, ne “La congiura”. Il copione è esattamente lo stesso: interrogatori, arbitrarietà dei giudizi, squallore della prigionia, tradimenti, paura.
Ne “La Grammatica di Stahl”, il fuggitivo Peeter viene catturato dai tedeschi, di notte, mentre cerca di arrivare in Finlandia a bordo di un’imbarcazione di fortuna. Nella paura della situazione, Peeter getta a mare la valigia che contiene un romanzo da lui scritto, che se scoperto lo avrebbe fatto condannare a morte. La valigia viene ripescata, niente prova che gli appartenga ma, contenendo due libri, deve per forza appartenere o a lui o al suo amico Lembit Tammo, che viaggia insieme a lui. Lembit, a rimborso di antico debito, gli aveva dato l’antica copia della “Grammatica di Stahl” con il suo ex libris (che sta quindi nella valigia di Peeter, ma per quel timbro ricondiucibile invece, a Tammo). L’amico pagherà per lui e il tormento interiore, il dubbio, la lotta fra il desiderio di vita, l’onta e la vergogna del tradimento saranno risolti dal suo amico in maniera inaspettata.
Nulla di veramente risolto, però, perché il ricordo lo accompagnerà per tutta la vita. Così come la colpa analoga di cui si macchia quando si unisce alla congiura dei compagni di cella contro un agricoltore estone che fa invidia a tutti.
Non è tanto quello che ha fatto, che macchia la coscienza di Peeter, quanto quello che non ha fatto. Il non agire, l’attendere. Scrittura e storia kafkiane.
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Simonetta Sandri
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