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“Ibam forte via Sacra […]”, comincia così l’epistola del grande Orazio dedicata al rompicoglioni che, incontrandolo per strada, gli attaccano un asfissiante bottone. Caro vecchio Orazio, quante volte ho invocato il tuo nome cercando di svicolare dalla stretta di uno scocciatore, di quelli che, quando tenti di andartene, ti prendono per un braccio lo stringono e ti bloccano, e allora senti una morsa allo stomaco e il cervello tuo non pensa più a nulla se non a far fuggire il povero corpo intrappolato nella morsa del nemico. Ma il pensiero che vorrei rilasciare a queste righe si riferisce ad altro: innanzitutto, non ero sulla via Sacra ma nella ben più popolare via San Romano della mia città, ero proprio all’inizio, dove i lavori continuano, il make-up della piazza è venuto proprio bene, peccato soltanto che abbiano messo la pavimentazione bianca sotto la galleria, già sporca lurida perché nessuno pulisce e i giovani, che lì quasi vivono, mangiano e bevono di giorno e di notte, inesorabili insozzano. Ero lì, dunque, quando improvvisamente, senza alcun preavviso, dalla testa mi è uscito un termine che sostava lì tra due pensieri errabondi, chissà da quanto tempo e sempre l’avevo legato a un nome: Berlusconi. Berlusconi è un anacoluto, ho sempre pensato, ma senza una ragione specifica: anacoluto è una figura retorica che significa incongruente, mancante di nessi sintattici. Avevo ragione: Berlusconi non ha mai avuto nessi sintattici e ce ne accorgiamo adesso che la sua stella sta tramontando tristemente (almeno io spero). Quando Saragat cominciò la sua salita al Colle, il grande giornalista Baldacci, fondatore de “Il Giorno”, scrisse che il nome del segretario socialdemocratico sarebbe stato sempre chiuso dentro una parentesi. E così è stato: Saragat è rimasto prigioniero della parentesi, così come Berlusconi non riuscirà mai a togliersi di dosso la figura retorica dell’anacoluto, niente da fare: politicamente il Berlusca è un anacoluto.

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Gian Pietro Testa



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