L’epos di Bertolt Brecht: da una società iniqua, semi di autentica giustizia
STANDING OVATION: I PIU’ ACCLAMATI SPETTACOLI TEATRALI DEL XXI SECOLO
“Il cerchio di gesso del Caucaso” di Bertolt Brecht, regia di Benno Besson, Teatro Comunale di Ferrara, dal 7 all’11 gennaio 2004
Dopo l’allestimento di “Madre Courage” dell’anno scorso, con la Melato diretta da Sciaccaluga, torna Brecht al Teatro Comunale per la stagione di prosa 2003-04. Va in scena questa sera una delle opere più tormentate sotto il profilo creativo del drammaturgo e commediografo tedesco, e cioè quella sorta di tragicomica “parabola popolare” che è “Il cerchio di gesso del Caucaso”. Bertolt Brecht (1898-1956), ideatore del cosiddetto “teatro epico” e autore di altri capolavori quali “L’opera da tre soldi” e “L’anima buona del Sezuan”, abbozzò il canovaccio de “Il cerchio di gesso del Caucaso” nel 1938-39, per poi completare la pièce nel 1944 durante l’esilio statunitense e in seguito rimaneggiarla più volte sino al debutto ufficiale sul palcoscenico avvenuto a Berlino due anni prima della sua morte.
La vicenda, che ostenta meno di altre opere brechtiane il substrato politico-ideologico, è suddivisa in due parti parallele che al termine si congiungono cronologicamente. Nella prima parte, la giovane serva della casa del governatore di una città della Georgia, ucciso durante una sommossa, raccoglie il figlio abbandonato dalla madre fuggitiva e lo accudisce con inenarrabili sacrifici, salvo poi, al ritorno della vera madre, vederselo rivendicare da costei per motivi di eredità. La seconda parte riprende dall’inizio, dunque dal giorno della sommossa, e narra di uno scrivano corrotto e ubriacone eletto estemporaneamente, alla fine, a giudice per l’affidamento del bambino, che verrà attribuito a una delle due donne mediante la prova del “cerchio di gesso”. Il finale è potente: in una società iniqua un uomo iniquo decreta, ignorando le norme, una giustizia a misura d’uomo, un’autentica giustizia finalmente a favore dei poveri e degli oppressi.
L’allestimento, basato sul testo tradotto da Edoardo Sanguineti, porta la regia di Benno Besson, a suo tempo amico e collaboratore dello stesso Brecht, e si avvale delle musiche originali di Paul Dessau, anch’egli collaboratore del drammaturgo tedesco (sue sono le musiche del “Madre Courage” e del “Sezuan”). La scenografia, i costumi e le maschere sono di Ezio Toffolutti. In scena si avvicendano una ventina di attori, fra cui spiccano nomi come Lello Arena e Daniela Giordano, che rivestono man mano vari ruoli sino ad interpretare un totale di oltre settanta personaggi.

Sostieni periscopio!
Riccardo Roversi
PAESE REALE
di Piermaria Romani
Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)