L’educazione, vero strumento di giustizia sociale
Tempo di lettura: 4 minuti
di Loredana Bondi
Educazione e politica al centro della riflessione: un confronto entusiasmante finalizzato a riprogettare il presente e resistere alla mediocrità, con la consapevolezza che solo l’educazione può offrire democrazia e giustizia sociale.
Da tutto il mondo per parlare di scuola, riportata per tre giorni al centro della vita: sembra un sogno. Una sorta di “Stati Generali della scuola” in cui si è emersa con forza, nonostante il momento di grave crisi e profonda difficoltà, la tesi espressa nel programma, ossia che “Ben-essere, convivenza civile ed equità possono essere realizzate solo declinando in azioni due parole: Educazione e Politica.”
Tutto questo è accaduto nei giorni scorsi a Reggio Emilia, dove si è tenuto il XIX Convegno nazionale dei servizi educativi e delle scuole dell’infanzia intitolato “Educazione e/è Politica”. Appuntamento biennale sul tema dell’educazione che ha sempre ottenuto una grande partecipazione, ma che quest’anno ha superato ogni aspettativa, richiamando numerosi studiosi di fama internazionale e premi Nobel, ma soprattutto tantissimi educatori, insegnanti, pedagogisti, genitori e amministratori italiani e stranieri. La presenza di circa 1400 partecipanti, di cui 300 provenienti da tutto il mondo, è la chiara dimostrazione (se mai ce ne fosse ancora bisogno) del fatto che l’educazione è il volano della politica.
La politica, infatti, “non può non fare i conti con gli ideali formativi espressi dalla riflessione pedagogica e l’educazione non può perdersi in discorsi astratti o sterilmente moralistici, disinteressandosi delle dinamiche politiche” (Erbetta/Bertolini, 2002).
Nell’attuale situazione di crisi sia economica che etica, e quindi di crisi democratica, è facile perdere il significato sociale che la pedagogia attribuisce all’educazione, per cui la politica potrebbe essere “sedotta” dalla contingenza e portata a privilegiare altri ambiti di azione e sentendosi obbligata alla dismissione del welfare, dei sistemi di cura e di educazione. Ciò può accadere quando si affronta il presente e si progetta il futuro con la sola lente della contrazione delle risorse sia umane sia economiche.
Eppure l’esperienza di questi giorni ci suggerisce che le democrazie per reggersi, hanno bisogno di risorse, di intelligenze e di immaginazione, come sostiene Marc Augé, etnologo e antropologo francese: “Se non si compiono cambiamenti rivoluzionari nel corpo dell’istruzione c’è il rischio che l’umanità di domani si divida tra un’aristocrazia del sapere e dell’intelligenza e una massa ogni giorno meno informata del valore della conoscenza. Questa disparità riprodurrà su scala più grande la diseguaglianza delle condizioni economiche. L’educazione e l’istruzione sono la prima delle priorità”. (Marc Augé, Che fine ha fatto il futuro? Dai non luoghi al non tempo, Elèuthera, 2009).
Solo la solidarietà di azione tra educazione e politica può creare infatti le condizioni affinché tutti gli individui diventino capaci di comprendere, capire, immaginare e valutare il mondo in cui vivono, perché la democrazia si fonda sulla consapevolezza dei cittadini, cittadini competenti, in grado di orientare e sostenere una concreta idea di futuro.
I luoghi educativi, a partire dai nidi e dalle scuole dell’infanzia, hanno il compito di far crescere cittadini responsabili e, per svolgere questo ruolo, hanno bisogno di buone politiche, mirate a crearne tutte le condizioni necessarie. Come diceva Loris Malaguzzi (il pedagogista ispiratore del cosiddetto Reggio Emilian Approach, ormai diffuso in tutto il mondo, a cui il convegno è dedicato), il rischio è di “accedere, per equivoca via idealistica, al falso problema di contrapporre in termini di supremazia e subalternità quello che invece (anche tra politica e pedagogia) va visto in chiave di rapporto. Per quanto faticoso sia, è questo il processo che va permanentemente stimolato e tenuto sotto controllo”.
L’esistenza dei servizi educativi e le prospettive di futuro esigono una politica che riconosca ed espliciti il valore etico, culturale ed economico che viene espresso dall’azione educativa e una pedagogia capace di interpretare le dinamiche sociali e politiche. Rischio l’invivibilità della società e il fallimento degli investimenti in educazione.
Protagonisti delle tre giornate sono stati davvero tutti, dai relatori ai partecipanti, suddivisi in 23 commissioni di lavoro, dislocate nelle meravigliose scuole di Reggio, teatri e centri educativi, nello scenario davvero eccezionale del Centro internazionale L. Malaguzzi, unico al mondo per la sua struttura, ma soprattutto per gli spazi e i contenuti. Si è discusso nell’ambito di cinque gruppi, dei soggetti protagonisti delle politiche educative, degli aspetti fondativi e valoriali delle politiche educative in ambito europeo, nazionale e regionale. In altri focus si sono analizzati le forme e i modi di espressione delle politiche educative, degli ambiti scientifici e artistici e degli obiettivi ad esse correlate, delle caratteristiche della governance e dei requisiti istituzionali. Il lavoro delle commissioni si è articolato nell’ambito di un’intera giornata sui temi assegnati a ciascuna commissione. Il confronto con specifiche esperienze portate da diversi relatori, ha orientato le riflessioni, sempre tenendo fede al titolo del convegno “Educazione e/è politica”. Sono intervenuti fra i tanti relatori, James Joseph Heckman, premio Nobel per l’economia (Usa), Peter Moss della London University, Irene Balaguer di Barcellona, Francesco Tonucci del CNR Scienze e tecnologie della cognizione, e tanti altri studiosi europei ed extra europei, provenienti anche da molto lontano, persino dalla Corea del Sud.
Il XIX Convegno nazionale dei servizi educativi e delle scuole dell’infanzia – “Educazione e/è Politica” è stato promosso dal Gruppo nazionale nidi e infanzia, dal Centro internazionale Loris Malaguzzi, dal Comune di Reggio Emilia col patrocinio della Regione Emilia-Romagna e l’Alto patronato del Presidente della Repubblica.
Loredana Bondi è stata dirigente scolastica statale fin dal 1989; dal 1997 al 2012 dirigente dell’Istituzione servizi educativi, scolastici e per le famiglie del Comune di Ferrara. Attualmente fa parte del Gruppo nazionale nidi e infanzia.

Sostieni periscopio!
Redazione di Periscopio
Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)
PAESE REALE
di Piermaria Romani