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Le ultime esternazioni di Carlo Cottarelli, l’uomo del debito pubblico (cioè colui che ricopre quel particolare ruolo di ricordarci che “causa debito pubblico elevato … dobbiamo fare questo o quest’altro”), riguardano nientemeno la difesa dell’operato del Governo Monti e delle riforme austere che, secondo lui, hanno impedito al rapporto debito / pil di arrivare al 145%.
Qualche tempo fa aveva detto che nel periodo del governo Monti “… ci fu una decisa stretta fiscale con la legge Fornero, la reintroduzione dell’Imu, l’aumento dell’Iva, dell’Ires e delle accise su benzina e alcolici”, aveva insomma chiarito cosa volesse dire austerità.
Cerchiamo di seguire il suo ragionamento partendo dai dati e dalla loro rappresentazione grafica, prima il debito pubblico:

Dunque, nel pieno della crisi economica il debito inizia a crescere, arriva Monti, la Fornero e l’austerità (così come confermata da Cottarelli) e il debito arriva nel 2016 al 132,0%.
Andiamo a vedere cosa è successo agli investimenti, cioè vediamo graficamente cosa vuol dire austerità
Grafico 2. Investimenti pubblici, miliardi di Euro costanti (2010), fonte: Oecd.Stat (Cofog)

E alla spesa per protezione sociale
Grafico 3. Spesa pubblica complessiva, miliardi di Euro costanti (2010), fonte: Oecd.Stat (Cofog)

e, per essere sicuri dell’austerità anche dal punto di vista delle entrate, controlliamo cosa succede alla pressione fiscale:

Quindi fin qui abbiamo due certezze:
– L’austerità c’è stata
– Il debito pubblico a fronte dell’austerità è cresciuto
A questo punto arriva però l’elogio di Cottarelli al governo Monti a cui attribuisce il merito di non aver fatto alzare il rapporto debito / pil fino al 145%, cioè, dice, che senza l’austerità il debito sarebbe cresciuto ancora di più rispetto al rapporto attuale.
A parte la distruzione della logica Aristotelica, mi sembra che Cottarelli con questo elogio voglia coprire il fallimento delle politiche targate Monti – Fornero che evidentemente hanno contribuito grandemente all’innalzamento del debito di ben 30 punti percentuali. Come dire, rilancio per non far vedere il punto.
Un ragionamento un tantino più intellettualmente onesto, e soprattutto conseguenziale, porterebbe a pensare che siano state proprio tali politiche a farlo crescere. A supporto possiamo constatare che i Paesi che hanno fatto deficit, cioè hanno speso, come Gran Bretagna, Francia, Spagna, Usa, Giappone e altri, la situazione del debito o è migliorata oppure è sotto controllo.
Dando più soldi per gli investimenti si sarebbe potuto assicurare più posti di lavoro, e quindi più stabilità interna e migliore distribuzione del benessere che invece si è andato accentrando verso l’alto. Abbassando le tasse si sarebbero lasciati più soldi da spendere e quindi gli scambi interni non si sarebbero arenati causando il ristagno del Pil mentre assicurando più credito alle aziende si sarebbe evitato tante saracinesche chiuse.
Insomma, e nonostante Cottarelli, lo sviluppo economico si vede dal livello di occupati, dal benessere diffuso, dal livello della domanda aggregata e non dai conti o dal rapporto debito / Pil. Perché se questo fosse vero allora la Nigeria, che ha un debito pubblico al 16%, sarebbe la nazione più sviluppata del mondo, mentre il Giappone e gli Stati Uniti sarebbero delle regione desertiche.
Il grafico seguente ci mostra, infine, cosa è successo al Pil grazie alle politiche economiche che Cottarelli difende:

In pratica osserviamo un primo crollo dopo il 2007 e poi, proprio quando sembrava stesse risalendo, inizia la cura Monti – Fornero. Negli ultimi anni osserviamo una lentissima risalita (il famoso zero virgola).
Curva del Pil che scende e curva del debito che sale, ovvero aumenta il rapporto debito / Pil, lezione da Liceo Economico Sociale, ben prima dell’Università di economia.
La politica economica e le scelte di austerità difese da Carlo Cottarelli dimostrano tutta la grande incapacità di chi le ha messe in atto che, tra l’altro, è riuscito ad ottenere dei risultati così negativi nonostante nell’ultimo periodo avessero potuto usufruire di una congiuntura positiva data da diversi fattori, quali:
– il ribasso del prezzo del petrolio
– il cambio favorevole con il dollaro (cioè una enorme svalutazione dell’euro del 30%)
– i tassi di interesse bassi
– il qe della banca centrale europea.
Risultati disastrosi ottenuti proprio perché si è scelto di aumentare le tasse (consolidamento fiscale) e perseguire il rispetto dei parametri europei dell’austerità, della non spesa, dell’affidarsi al termometro dei mercati e dello spread.
Insomma tutto dimostra che l’austerità, la malattia della paura del deficit, non abbia fatto bene all’economia e agli italiani e allora: perché Cottarelli insiste nella sua litania? La risposta è semplice, viviamo in un mondo dove sono gli interessi a guidare le azioni degli uomini e Cottarelli non fa eccezione. Ha speso la sua vita lavorando per il Fmi e quindi a difendere il capitale, i soldi e la finanza e oggi alimenta la sua pensione e il suo prestigio grazie agli incarichi da censore.
Se la logica avesse un valore, a fronte di questi risultati e dei dati che li rappresentano, la linea di un Governo che volesse risollevare le sorti del Paese sarebbe quella di un taglio netto, sostituire queste persone con altre che non siano legate ai grandi interessi, considerare teorie economiche di rottura con il recente passato, avere il coraggio di fare gli interessi dei cittadini (una volta tanto).

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Claudio Pisapia

Dipendente del Ministero Difesa e appassionato di macroeconomia e geopolitica, ha scritto due libri: “Pensieri Sparsi. L’economia dell’essere umano” e “L’altra faccia della moneta. Il debito che non fa paura”. Storico collaboratore del Gruppo Economia di Ferrara (www.gecofe.it) con il quale ha contribuito ad organizzare numerosi incontri con i cittadini sotto forma di conversazioni civili, spettacoli e mostre, si impegna nello studio e nella divulgazione di un’informazione libera dai vincoli del pregiudizio. Cura il blog personale www.claudiopisapia.info


Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it