di Eugenio Cabitta
“E ogni volta rimettere in gioco, ogni sera, in ogni rodeo, in ogni torneo…
Mettere in gioco tutto quello che si è vinto, perché questo è l’importante; e, a volte, anche la stessa vita, perché nel gioco della vita questo è il pegno.” (Claudio Baglioni)
La mia personale esperienza relativa al cantautore romano ha seguito il processo (lo definirei “biologico”) della sua carriera: inizialmente, mi limitavo ad etichettare come “banale” la sua offerta di tematiche, immaginandola circoscritta agli inizi del suo percorso; ma il viaggio di Claudio Baglioni è un romanzo di formazione, e le “40 carte” di “Tu Come Stai?” si sono trasformate in un’indole ricercatrice e geniale; per fare maturare in me la considerazione attuale che ho nei suoi confronti, dovevo rincorrere gli anni della sua discografia in cui egli stesso era diventato grande.
Il momento più alto, musicalmente parlando, è riconosciuto da molti come il periodo ’90/’95, che ha visto prendere il decollo con l’album rivelazione “Oltre” (nome tanto azzeccato quanto suggestivo) e raggiungere la destinazione dell’immenso riscontro mediatico e della nuova consapevolezza artistica con “Io Sono Qui”.
Esattamente in quest’ultimo album riconosco quello che non mi riservo di descrivere come uno dei punti più elevati della canzone d’autore italiana di tutti i tempi: il brano “Le Vie Dei Colori”.
All’analisi approfondita delle sue componenti strutturali, appare evidente uno studio minuzioso della composizione effettuato agendo su ogni minimo particolare; nell’economia del testo è tutto sommato facile cogliere il messaggio, ma il carattere criptico dei versi vincola l’opera ad una complicata interpretazione.
“Le Vie Dei Colori” parla del viaggio che intraprende un uomo qualunque, spinto da una necessità sofferta nei riguardi degli affetti; suo malgrado, è un cavaliere “bianco e nero”, inesperto, non partecipe delle varianti, ossia dei colori della vita.
Per questo motivo, si pone al galoppo verso le strade dell’intelletto umano, tra le quali si riempie le tasche di avvenimenti eccezionali; e proprio nell’istante in cui intravede “un campo di preghiere laggiù”, si rende conto di essersi colorato di giallo, rosso e blu, i colori primari che costruiscono il mondo immanente in cui abitiamo: ha trovato l’essenza ed il prezzo dell’esistenza.
Questi concetti sono riscontrabili, dal punto di vista teoretico e teologico, nei fondamenti delle filosofie appartenenti al Sentiero della Mano Sinistra, nei quali l’incedere dogmatico viene soppresso dall’esigenza di empirismo da parte del soggetto.
Come già detto anzitempo, la scrittura è architettata tra fronzoli di rime, figure retoriche e allegorie dettate da un disegno aulico degno di lode.
In aggiunta, la lirica è coadiuvata egregiamente da un arrangiamento che varia tra la ballad e i disegni ritmici medievali; è interessante notare come Baglioni abbia fondato la melodia del ritornello su un tema dal sapore rinascimentale realizzato da un clarinetto: le doti vocali del cantautore sono messe in risalto da questa scelta ardua e memorabile.
Per questo brano, come per il resto dell’album, Baglioni si avvale della collaborazione di mostri sacri quali il fidato Paolo Gianolio alle chitarre, Danilo Rea, Elio Rivagli, Paolo Costa, Vinnie Colaiuta, Gavin Harrison ed altri ancora: un gruppo epocale.
“Le Vie Dei Colori” esordisce con un’esortazione ad una fantomatica “Bella mia” che deve lasciare partire il nostro cavaliere: “c’è un viaggio che ognuno fa solo con sé, perché non è che si va vicino; perché un destino non ha”.
Ed ecco che si apre la danza medievale: il ritmo è serrato, scandito dal massiccio reparto ritmico; l’uomo dichiara le sue intenzioni, vuole “diventare qualche cosa”, cercherà “il suo Far West”, troverà “il Santo Graal”, sarà “una corsa brada oltre il confine”. Particolarmente ricercata è la citazione shakespeariana dell’Amleto che supplica Ofelia: “Va’ in convento…”.
Il viaggio viene portato avanti con l’idea di lei: molte volte ho provato a trovare l’identità di questa figura, ma non ne sono ancora venuto a capo… Negli anni ho azzardato tante ipotesi che ho poi smentito nel giro di pochi secondi; sarò comunque perseverante a tal riguardo.
A ogni modo, nelle “Vie della vita” il cavaliere raccoglierà elementi per questa lei, come la luce, la voce e la pace.
I ritornelli sono un vero divertimento di esecuzione canora, giochi di rime e immagini epiche; ne riporto un esempio:
C’era un cavaliere bianco e nero / prigioniero, senza un sogno né un mistero, / senza fede né eresia! / Senza le ali di un destriero, / senza il grido di un guerriero.
Eppure il vero torneo delle rime e delle immagini si presenta alla fine; non prima, tuttavia, di aver rivolto un ultimo pensiero alla sua Bella: “con un pensiero di Te immenso, e un nuovo senso di Me”.
E finalmente il nostro Uomo Oltre si è colorato, e la vera danza della Vita può avere inizio:
C’era un cavaliere blu / che catturò la gioventù di Primavere / e che portò chimere in schiavitù! / Liberò le gru dalle lamiere d’un cantiere, / verso un campo di preghiere laggiù!… Dove arriverai anche Tu, camminando le Vie Dei Colori.
L’edificazione musicale del finale è immensa, ricca e coinvolgente, impreziosita dal quartetto vocale dei Baraonna, ottimi esecutori di una linea corale da composizione rinascimentale.
Nonostante il vasto successo scaturito dall’album, “Le Vie Dei Colori” è considerata tra le canzoni reputate mediamente di nicchia del repertorio del cantautore, seppur al centro di una curiosa collaborazione tra il cantante romano e Claudio Villa, storico disegnatore di Dylan Dog: per mano sua, viene realizzata appositamente un’edizione del fumetto impostato sul testo e sulle immagini evocative del brano.
Questo brano può seriamente stupire chiunque capiti a tiro, e la considero come l’emblema non solo della vena artistica ma dell’intera figura di Claudio Baglioni; all’interno della cui psìche, forse, vi è un qualcosa di misterioso e caratteristico, lontano dalla persona che ci appare e che siamo abituati a vedere.
Una canzone “Oltre” per un artista “Oltre”.
