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di Federica Mammina

Innalzamento della temperatura, scioglimento dei ghiacciai, aumento dei fenomeni metereologici improvvisi e violenti, scomparsa di molte specie animali. Sono solo una parte delle “malattie” della terra causate dall’uomo e dalle sue attività che nella maggior parte dei casi non tengono conto delle conseguenze a lungo termine, laddove è sufficiente il soddisfacimento dell’interesse nel breve termine. Quando gli scienziati ci dicono che alcune città rischiano di essere sommerse e di scomparire e quando sentiamo parlare di migrazioni climatiche, scommetto che tutti almeno una volta abbiamo pensato che ci sia nelle loro parole un pizzico di catastrofismo, oppure immaginiamo luoghi sperduti ai confini del mondo.
Eppure c’è un’isola in Louisiana che sta scomparendo dalle cartine geografiche. Si chiama Jean Charles e dal 1955 ha perso il 98 per cento della sua superficie. L’isola è molto esposta agli uragani e a frequenti inondazioni che hanno reso impossibile coltivare la terra. Oltre al riscaldamento globale, l’erosione e l’industria estrattiva attiva nello stato hanno contributo alla sparizione di paludi e foreste che proteggevano le coste; la costruzione di oleodotti e canali per l’estrazione di gas ha reso infatti la terra più vulnerabile e ha fermato il processo naturale di sedimentazione. Gli abitanti di quest’isola, da 400 ormai solo 85, sono i primi profughi climatici degli Stati Uniti e nel giro di poco tempo anche gli irriducibili saranno ricollocati sulla terra ferma.
Il piano di ricollocamento è considerato dalle autorità un piano pilota, potrebbe servire per altre popolazioni minacciate.
Eccessiva preoccupazione? Lungimiranza? Tocca dire più che mai…ai posteri l’ardua sentenza.

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Redazione di Periscopio



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