Le impervie strade di Montalbano
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Sono gli anni ottanta, quelli della morte del banchiere Michele Sindona, della P2 e dell’attentato a papa Giovanni Paolo secondo. Le notizie si apprendono alla radio, al massimo al telegiornale. Montalbano, ancora giovane, ma già molto simile all’uomo maturo dei romanzi più famosi, si muove tra il commissariato, la sua verandina, la passeggiata allo scoglio e le indagini in mezzo alla cultura della sua terra. I Cuffarro contro i Sinagra, Livia e Adelina che apertamente non si sopportano, il dottor Pasquano che lo maledice, la miseria umana più bieca e la passione che diventa delitto e vendetta, a qualsiasi età.
In un’intervista alla televisione, il commissario cita Pirandello, gli serve per fare capire che lui l’apparenza non la scambia per realtà e viceversa, il doppio sa bene dove trovarlo. E il messaggio avrà il suo effetto perchè Montalbano non va mai alla cieca quando agisce e quando dichiara.
Il commissario è uomo acuto, piglia, mette insieme, da un romanzo di Sciascia a un film di James Bond. Al suo fianco la caricatura di Catarella, Mimì Augello sciupafemmine e l’insostituibile Fazio. Ci sono sensazioni che non quadrano, non sa perchè, qualcosa di vago che lo inquieta, un odore che lo punge, ma poi, ipotesi dopo ipotesi alla soluzione finale Montalbano arriva sempre.
I metodi? Più o meno leciti, “ninni catafuttemmo” risponde a Fazio quando l’indagine gli viene tolta dal questore per essere affidata a un collega. È abituato a non percorrere strade troppo battute, gli capita anche di fidarsi di un povero ladro quasi onesto per risolvere un caso. E non sbaglia.
Gli otto racconti parlano di mare e di terra, di giovani donne e vecchie rancorose, mafia e linguaggi della malavita che il commissario sa cogliere molto bene.
E soprattutto sul finire compaiono i notturni, serate morbide e accoglienti con la luna piena “che pariva ‘na mongolfiera”, sono le notti in cui tirare l’alba con Livia alle saline ne vale davvero la pena.
Andrea Camilleri, Morte in mare aperto e altre indagini del giovane Montalbano, Sellerio

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Riccarda Dalbuoni
PAESE REALE
di Piermaria Romani
Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)